Il lavoro flessibile sta creando lavoratori flessibili. Questo il dato che emerge da uno studio effettuato per Manpower dal Crora (Centro di Ricerca sull’Organizzazione Aziendale dell’Università Bocconi) che ha intervistato studenti, lavoratori ed esperti di gestione delle risorse umane.
Nonostante sia ancora una minoranza, ben un terzo di questo campione si è dichiarato non interessato a un contratto a tempo indeterminato, tipologia di rapporto scelto ancora dal 31,8% delle imprese. Nella classifica delle priorità il ‘posto fisso’ è stato scalzato dallo sviluppo professionale, che è risultato più importante della retribuzione.
Le aspettative variano però in relazione agli intervistati. I laureandi si sono dimostrati i più propensi al lavoro flessibile, con una spiccata preferenza per la mobilità internazionale all’interno delle grandi aziende. I lavoratori sono invece più interessati alla mobilità interna, auspicando cambi di ruolo all’interno della stessa azienda.
Si è dunque venuta a creare una spaccatura nel mercato del lavoro, tra coloro che sembrano adattarsi alle nuove formule contrattuali e chi invece resta legato alla concezione tradizionale dell’impiego. Nei risultati dello studio si legge il crescente desiderio di un rapporto più individuale con l’azienda, che continua ad offrire diverse tipologie di contratto.
Oltre al tempo indeterminato, il 27% dei contratti è a tempo determinato, scelti spesso come primo passo per introdurre il lavoratore a un impiego fisso. Stesso destino per i contratti di formazione e apprendistato che con il 3% sono ancora una rarità. Invece le formule adottate per rapporti più brevi e individuali sembrano essere i contratti a progetto (18,2%) e quelli di consulenza (9,1%).