Una moratoria per i licenziamenti causati dalla crisi economica e che tocca nel vivo i dipendenti delle imprese: lo ha chiesto – parlando alla stampa ma rivolgendosi alle aziende italiane – il ministro del Welfare, Maurizio Sacconi, invocandone buonsenso e ricordando come sia più conveniente proteggere il lavoro scegliendo soluzioni alternative ai tagli al personale come misura anticrisi.
In pratica, il ministro invita a non dimenticare che Stato e Regioni hanno raggiunto diversi l’intesa per un vasto quadro di aiuti che, oltre agli ammortizzatori sociali, prevede «ingenti risorse per proteggere il reddito nei casi in cui l’attività lavorativa viene sospesa», ma soprattutto se «permane vivo il rapporto di lavoro».
Il supporto economico che giunge da Governo ed enti regionali sotto forma di incentivi e agevolazioni, consente oggi alle imprese in difficoltà di gestire il calo della domanda riducendo la produzione ma mantenendo i rapporti di lavoro in essere, ossia senza licenziare i dipendenti.
Sacconi ha ricordato anche la possibilità di ricorrere ai “contratti di solidarietà“, che prevedono orari di lavoro ridotti e un contributo a sostegno del reddito.
In questo senso, anche le Regioni fanno la loro parte: ad esempio, la Regione Marche ha appena emanato un bando a supporto dei contratti di solidarietà difensivi sottoscritti dalle imprese in regime di CIGS (cassa integrazione) e che abbiano stipulato accordi dal 1 settembre 2008 con i sindacati. Il 50% del contributo andrà ai lavoratori che subiranno la riduzione di orario (per integrarne la retribuzione) mentre il resto andrà all’azienda.
Di certo non sempre basta la solidarietà quando mancano le risorse: convincono di più gli incentivi come quelli sopracitati piuttosto che la «vera e propria libera e responsabile moratoria ai licenziamenti», per fa sì che grazie alla coesione sociale si mantenga viva la capacità di produrre delle imprese, per «ripartire tempestivamente nel momento in cui si dovesse determinare una ripresa della domanda».
Si spera, pertanto, che i cosiddetti “segnali di ripresa” si traducano davvero in una inversione di tendenza duratura rispetto ai dati di vendita produzione (+3,5% ordini dall’estero) come auspicato dal Ministro, secondo cui «l’Italia sta governando le conseguenze della crisi con minore propensione al licenziamento rispetto agli altri Paesi».