Occupazione femminile in Italia
PMI.it ha intervistato ancora una volta Roberta Cocco, Direttore Marketing Centrale di Microsoft Italia e responsabile di futuro@lfemminile, progetto di Responsabilità Sociale di Microsoft volto a promuovere la tecnologia al servizio delle donne in un’ottica di realizzazione professionale e conciliazione dei tempi di lavoro e famiglia. Se n’è discusso di recente al Forum PA, dove Roberta Cocco è intervenuta al convegno “Il sistema di interventi per favorire la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro: un esempio di collaborazione interistituzionale” promosso in collaborazione con il Dipartimento per le Pari Opportunità.
Come ci poniamo in confronto agli altri paesi Ue in quanto a occupazione femminile in Italia? Non bene, come ci ricorda Roberta Cocco: nel 2011 l’ISTAT ha registrato un lieve calo della disoccupazione femminile ma lo scenario non risulta certo tra i più promettenti: il tasso di occupazione femminile è tra i più bassi di tutta l’Unione Europea secondo l’Eurostat.
In Italia le lavoratrici senza figli sono il 63,9%, contro il 75% della media Ue, e per le lavoratrici con un figlio si scende al 59% (media Ue del 71,3%).
Donne in azienda
In ambito aziendale, poi, l’occupazione femminile vive una situazione davvero poco incoraggiante. Secondo un’indagine Cerved Group per CorrierEconomia, solo l’11,9% delle società italiane ha raggiungo la quota del 30% di donne nei consigli di amministrazione, mentre la percentuale tra le posizioni dirigenziali è mediamente intorno al 9% e le aziende che hanno almeno una donna nel board sono fra il 38% e il 39%.
A pesare nel nostro Paese è soprattutto il gap culturale, che incrementa le disparità di genere.
Non solo «le giovani donne, pur attestandosi su un tasso di scolarità simile a quello dei ragazzi, portano a termine l’impegno scolastico con maggiori risultati, dimostrando quindi una costanza e una determinazione nel conseguire titoli di studio superiori», la beffa è che – a parità di formazione – come evidenzia il rapporto Almalaurea 2011 le donne più istruite sono penalizzate nel mondo del lavoro: gli impiegati a un anno dalla laurea sono per il 59% uomini e per il 53% donne e con il tempo questo distacco tende ad accentuarsi, anche in termini retributivi.
Eppure, ci ricorda ancora Roberta Cocco, le donne hanno grandi doti di empatia, capacità organizzativa e precisione, qualità che possono soltanto portare benefici a tutti i livelli aziendali!
Qual è il valore aggiunto delle donne in azienda?
«Lo stile femminile in ambito professionale si contraddistingue per l’attenzione al risultato e la capacità di creare una rete di relazioni cooperativa con i colleghi grazie al continuo scambio di informazioni; le donne tendono a condividere il merito, a prevenire gli imprevisti e dimostrare maggiore sensibilità verso gli altri.
«Le aziende avrebbero tutto l’interesse a incrementare la presenza femminile nell’organico, in quanto un mix di genere elevato permette di ottenere performance organizzative ed economiche superiori: è importante perciò sviluppare nel contesto lavorativo programmi di diversity efficaci, affinare le politiche HR per garantire maggiore parità di genere, migliorare la flessibilità e promuovere iniziative per il superamento delle barriere culturali».
Conciliazione lavoro famiglia
Il progetto futuro@lfemminile, ci spiega Cocco, è nato sette anni fa da un’idea delle donne di Microsoft e, attraverso numerose attività, cerca di contribuire all’eliminazione della disparità di genere in ambito lavorativo, dando l’opportunità a migliaia di donne di avvicinarsi alla tecnologia, per farne uno strumento essenziale per il miglioramento della vita privata e professionale.
Uno dei punti su cui è cruciale intervenire è il divario di retribuzione tra donne e uomini «per cercare di livellare le disparità di genere in ambito lavorativo. Una ricerca condotta dall’Eurostat a livello europeo ha messo in luce il cosiddetto gender pay gap: considerando il reddito lordo annuo, le donne percepiscono tra il 50% e il 70% di ciò che guadagnano gli uomini, ciò dimostra che in senso assoluto l’occupazione non viene valutata equamente». In Italia la differenza di salario è tra le più basse (4,9%), ma il differenziale viene calcolato solo sulle persone occupate che, quindi su ben al di sotto della media europea.
Nonostante le premesse non incoraggianti,«donne e lavoro non devono essere percepiti come realtà in contraddizione tra loro, ma come binomio vincente e da favorire, sottolinea Roberta Cocco. «Alcuni segnali che fanno sperare in un’evoluzione positiva del quadro attuale, come la crescita delle imprese gestite da donne – 1,4 milioni secondo l’ultimo Rapporto Nazionale sull’Imprenditoria Femminile, (Unioncamere, Ministero dello Sviluppo Economico e Dipartimento per le Pari Opportunità) – e le iniziative a livello legislativo», come il disegno di legge sulle quote rosa nei CdA delle società quotate e delle partecipate pubbliche.
«Ho sempre sostenuto che le quote rosa non siano la soluzione migliore per colmare il gender gap in quanto sarebbe sicuramente preferibile che la scelta venga fatta in considerazione degli effettivi meriti delle donne, tuttavia risultano essere una soluzione necessaria all’interno di una realtà allarmante come quella attuale».
Quali sono dunque le iniziative per promuovere la presenza femminile nelle aziende italiane?
«Futuro@lfemminile è uno dei progetti attraverso cui Microsoft porta avanti la sua mission in termini di sviluppo del business al femminile. Il nostro obiettivo si concretizza nella promozione del ruolo della tecnologia per l’abbattimento di tutte le barriere che possono bloccare le donne davanti all’uso di strumenti tecnologici, per farne percepire il reale valore aggiunto e il grande aiuto che può apportare nella gestione della vita professionale e privata».
«Abbiamo in calendario molte iniziative per la promozione della presenza femminile nel contesto lavorativo, a partire dai corsi di formazione IT. Quest’ultimi si chiamano “Tecnologie per il business” e costituiscono un percorso che conduce le imprese sul territorio a prendere conoscenza delle potenzialità degli strumenti tecnologici che possono sostenerle in modo efficace nell’avvio e/o nello sviluppo della loro attività. Il target di riferimento è costituito da start-up imprenditoriali e PMI al femminile.»
Le donne preferiscono avviare attività in proprio o darsi alla carriera in azienda? E Quale delle due scelte si presta meglio alla conciliazione vita privata e lavorativa?
«I dati sull’imprenditoria femminile mostrano una tendenza a occupare sempre nuovi terreni, grazie anche agli incentivi volti a riattivare il mercato. Le donne sempre più frequentemente avviano progetti d’impresa e aprono attività in proprio, aiutate anche dalle tecnologie che agevolano la nascita di nuove professioni. Ma essere imprenditrici non è sempre semplice: impegni e incombenze non danno modo di raggiungere una reale conciliazione tra vita privata e carriera professionale.»
«In realtà, in ogni ambito lavorativo sarebbe necessaria una buona dose di flessibilità, che permetta di vivere con più serenità il duplice ruolo di mamma/lavoratrice, e la disponibilità a sfruttare le potenzialità delle nuove tecnologie.»