Molte aziende, complici anche le web agency, sono portate a investire il 100% dei propri sforzi – risorse finanziarie e attenzione – sugli aspetti di creatività legati alle campagne di web marketing: banner attraenti, annunci Google AdWords efficaci, direct email (DEM) con call-to-action (invito all’azione, cioè al click su un link) ben congegnati.
Ma cosa succede dopo che l’utente clicca su banner, annuncio o link? Finisce su una pagina web nota come “landing page“, ovvero pagina di atterraggio che, spesso, può risultare piuttosto “duro” per l’utente ma soprattutto per l’azienda che vi ha investito: oltre il 50% degli utenti lascia la landing page dopo pochi secondi volatilizzando, quindi, il 50% di tale investimento.
Perché molti utenti “scappano” senza approfondire? Spesso per errori anche banali, che si potrebbero di certo evitare:
- Il 20% circa delle campagne online ha come pagina di atterraggio la home page. Di solito, invece, banner e annunci invitano a contenuti specifici, promettendo qualcosa che poi non mantengono: il navigatore si vede proiettato nel mare magnum della home page, generica per definizione, dove è difficile reperire l’informazione di proprio interesse. E allora abbandona subito.
- Spesso, a fronte di un banner ben studiato o di un annuncio molto promettente, si arriva su una landing page povera di contenuti e con aspetto grafico non coerente con le premesse. Un limite che si stima interessare il 30% circa delle landing page: ciò crea smarrimento e delusione, con conseguente fuga.
- Se la landing page contiene un form (modulo) da compilare (per registrarsi al sito, iscriversi alla newsletter, aderire ad una promozione: buona scelta che però deve essere anche accompagnata dai necessari stimoli (benefici per l’utente e semplicità): troppi campi da riempire, soprattutto, scoraggiano o irritano i visitatori. Che scappano via.
Cosa fa scattare l’allarme sull’inefficacia della landing page? Il parametro tenere sotto controllo è il tasso di conversione, che misura il rapporto tra numero di persone che hanno compiuto l’azione veicolata dalla campagna (compilazione form, prenotazione online, ecc.) e numero di visite generate dalla campagna su quella pagina.
Un tasso di conversione del 2% sta a significare che su 100 visite generate dalla campagna, solo 2 si sono trasformate in azioni di successo: passare da un tasso di conversione del 2% ad uno del 3% significa migliorare efficacia e ritorno economico della campagna del 50%! Studiando landing page adeguate, questo risultato è raggiungibile.
Per capire cosa non funziona nella mia landing page e individuare i colli di bottiglia che impediscono al mio utente di arrivare a compiere l’azione desiderata esistono numerosi strumenti di analisi dei percorsi di navigazione dell’utente all’interno della landing page.
Si tratta dei test di usabilità, per verificare dal vivo il tipo di comportamenti di un utente su una pagina web. Un importante supporto in questo senso ci viene fornito dalla tecnologia dell’eye-tracking.
Tramite un particolare schermo pc si può “catturare” lo sguardo di un utente e verificare dove va: su quali punti si ferma e quali salta. Con appositi software, siamo poi in grado di determinare i tempi di permanenza sulla landing page (o su particolari sue zone) e di “call-to-action”.
Questa tecnologia applicata ai test di usabilità comincia ad affermarsi anche in Italia grazie alla nascita di laboratori di ricerca specializzati, come About User. Risultati positivi possono essere ottenuti anche per piccole-medie imprese.
Dall’analisi di usabilità, o altre verifiche, scaturiscono gli interventi per rendere più efficace una landing page. Ecco i più frequenti e facili da attuare.
1. Scegliere un titolo che descriva in maniera chiara e sintetica quel che l’utente troverà nella landing page: tutte le ricerche confermano che i titoli sono gli elementi visivi che gli utenti colgono per primi quando arrivano su una pagina web.
2. Come suggeriscono le analisi di eye-tracking, secondo cui la lettura di una pagina comincia in alto a sinistra, collocare qui l’elemento distintivo della campagna (logo, titolo…). Nella parte alta della pagina va piazzato l’invito all’azione (adesione a una promozione, prenotazione online, ecc.): lo scrolling è sempre fastidioso per gli utenti.
3. Rendere i testi sintetici e offrire all’utente elementi di ancoraggio visivi che lo aiutino nella ricerca delle informazioni importanti (grassetti per le keywords, elenchi puntati, paragrafi spaziati, link verso pagine o pop-up di approfondimento, ecc.).
4. Limitare i campi di compilazione nel caso sia presente un form ed, eventualmente, evidenziare quelli obbligatori (che in prima battuta potrebbero essere NOME-COGNOME ed EMAIL): c’è sempre tempo per “agganciare” l’utente nella seconda fase del contatto. Meglio non farlo scappare anzitempo.
5. Realizzare landing page graficamente coerenti con l’annuncio di provenienza e collocarne i contenuti in un lay-out in linea con quello del sito aziendale: l’utente potrà facilmente accedere a tutte le informazioni di proprio interesse, ritrovandosi sempre in contesti coerenti.
6. Curare molto l’invito all’azione, evidenziato con elementi grafici adeguati (box, bottoni, ecc.) e contenente un testo al tempo stesso sintetico e persuasivo: il succo è evidenziare i benefici che si ottengono compiendo quella certa azione.
Con la collaborazione di About User