Dietro ad un server, ad un sito Web e ad un sistema di CRM ci sono delle persone. Sembra un’ovvietà ma, in realtà, stiamo parlando di uno di quei beni (i cosiddetti asset) che molto spesso ci si dimentica di capitalizzare nella maniera più adeguata.
Il capitale umano, in particolare il capitale delle relazioni all’interno e all’esterno dell’azienda è uno di quegli asset che le Pmi italiane dovrebbero tenere maggiormente in considerazione come uno di quei canali in grado di alimentare (anche sottoforma di dati) la propria capacità di generare capitale d’impresa. Proprio per questo abbiamo voluto affrontare in maniera un po’ trasversale il tema delle cosiddette “relazioni pubbliche” con uno dei più importanti esponenti italiani di questo settore in un’intervista esclusiva per Pmi, Rosanna D’Antona.
1. Le relazioni pubbliche sono un tema estremamente importante nell’ambito del marketing, ma forse non ancora sufficientemente compreso dalla Pmi italiana. Possiamo ridefinire le relazioni pubbliche come una strategia di marketing basata sulla capacità di rendere profittevoli le relazioni all’interno e all’esterno dell’azienda?
Comincerei con rispondervi che le relazioni pubbliche non sono solo uno strumento di marketing, ma piuttosto uno strumento a disposizione dell’azienda (piccola o grande che sia) dove come in una specie di “cabine di regia” si governano le relazioni con tutti gli interlocutori dell’impresa stessa. Infatti, se per un attimo proviamo a pensare a quante persone – o categorie di persone – concorrono ogni giorno a formare la reputazione di un brand di prodotto/servizio o di una società, ci renderemmo conto di quanto sia importante appunto tessere relazioni con: i consumatori/clienti; le aziende B2B con le quali si intrattengono attività commerciali; la distribuzione oragnizzata o specializzata, ma anche i canli ormai online; i giornalisti; gli opinion leaders o coloro che sono in grado di influenzare altri gruppi di persone; le organizzazioni non governative, le ONG, che in quanto a pressione sanno come esercitarla per far riconoscere le proprie opinioni; le comunità virtuali con i loro blog, forum media online; la Pubblica Amministrazione; lo staff tutto (impiegati, qudri, operai, dirigenti) e i potenziali “talenti” da attirare; gli investitori e gli istituti di credito; i fornitori di materie prime per la produzione. L’elenco potrebbe continuare, poichè ogni impresa ogni giorno ha delle esigenze specifiche di persone con cui interfacciarsi. L’opinione di tutte queste persone conta e sempre di più la reazione è circolare e non verticale, in altre parole non si assiste più ad una comunicazione ad una via dove la Pmi comunica e gli “atri” ascoltano, ma piuttosto ad un processo circolare dove l’opinione di uno conta ed influenza l’opinione degli altri, quindi è bene che questo processo venga “governato” da uno strumento – le relazioni pubbliche – che sanno interagire con gruppi mirati di persone.
2. Come dovrebbe pianificare una Pmi una corretta strategia di RP in termini di budget, risorse e strumenti (anche informatici)?
Tutto deve iniziare da una serie di considerazioni. Primo, partiamo da ciò che si vuole raggiungere (cioè gli obiettivi di business e gli obliettivi di comunicazione). Secondo, comprendiamo lo scenario nel quale operiamo (in primis analizziamo i nostri competitors e la loro strategia di comunicazione). Terzo, ascoltiamo bene le attese della nostra clientela (consumatori o aziende che siano) e capiamo se con il nostro prodotto/servizio stiamo rispondendo a queste attese. Solo dopo questi primi tre punti può partire una strategia di comunicazione integrata che tenga conto del fattore relazioni pubbliche, advertising, promozioni, Web marketing, etc. e si determineranno investimenti e risultati attesi. Non ultimo, identifichiamo un sistema di rilevazione dell’efficacia della comunicazione e l’effetto prodotto sui target di riferimento a cui era indirizzata.
In altre parole, come per altri settori della Pmi, anche nel caso della comunicazione, è importante partire da un processo e controllarne il flusso e l’efficacia.
3. Il problema più sentito dalle Pmi in ambito marketing è il cosiddetto ROI. Come si fa a misurare le RP per stabilire una sorta di rendimento, di performance della strategia che stiamo sviluppando?
Il ROI in comunicazione è una chimera. Ogilvly diceva: “la comunicazione funziona al 50% non si sa quale però, quindi bisogna prenderla nel suo insieme”. Un po’ è vero, tuttavia però oggi ci sono strumenti che “misurano” l’efficacia della comunicazione rp. Ad esempio, per i media si può misurare l’efficacia della percezione che un articolo/trasmissione radio/tv lascia sul lettore/audience per un determinato argomento, o per una determinata azienda. Per un evento/manifestazione si può misurare il gradimento con un sistema di “day-after-research”. Per un piano annuale, si può attivare un sistema di rilevazione della reputazione di un’azienda dopo un anno di attività su uno o più target verso i quali la Pmi ha intrapreso una campagna. Di solito si individuano dei parametri o dei valori da tenere sotto osservazione e banalmente intervistando campioni del target, posso rilevarne la percezione di quell’anno e – se assegnerò un valore – potrò ogni anno tenere sotto controllo se quel valore positivo aumenta oppure no, nonostante i miei investimenti in comunicazione.
4. Come vede lo sviluppo delle RP nel panorama attuale e futuro, da qui a cinque anni, per le Pmi italiane?
Ciò che osservo è che il mercato delle relazioni pubbliche sta crescendo, i dati UPA indicano che il nostro mercato cresce del 4-5% come media di investimenti in relazioni pubbliche, mentre altri settore decrescono. Il dato che rileva Assorel, l’Associazione delle Agenzie di Relazioni Pubbliche di cui sono Vice Presidente, dice che l’andamento di crescita del volume d’affari delle agenzie si aggira sul 12% l’anno. Sono come vede entrambi valori in crescita variabile, ma costante e su base annuale, quindi devo dedurre che l’utilizzo di questo strumento, attraverso i suoi “mezzi o formule” sempre più sofisticati – è destinato a crescere, perchè risponde perfettamente a tutte le esigenze della Pmi nelle diverse fasi della propria vita aziendale. E qui mi riferisco al fatto che le relazioni sono, ripeto, molteplici e per ciascuna di esse c’è un mezzo specifico. Per esempio:
le relazioni con i giornalisti (le media relations); con la Pubblica Amministrazione (il public affairs); con il territorio; l’ambiente; con il sociale (la CSR,corporate social responsibility); in situazioni difficili o di crisi (il crisis preperdness o il crisis management); con il consumatore o B2B (gli eventi, le fiere, o la comunicazione diretta); con il personale (la comunicazione interna per un sostenere l’Employer Brand) fino ad arrivare a contattare le comunità virtuali (con le e-pr).