Le regole della comunicazione B2B

di Massimo Furia

2 Luglio 2008 09:00

Diversamente dal B2C, la comunicazione e il marketing B2B rispondono a regole "razionali" e a più strette logiche di mercato. Ecco i consigli da tenere a mente e gli errori da evitare

Tutte le aziende che operano sul Web o che vi si appoggiano come strumento operativo complementare, prima o poi si trovano a dover fronteggiare gli aspetti della comunicazione periodica alla clientela oppure a dover sviluppare o consigliare applicativi adatti alle esigenze di una Pmi che voglia puntare alla rete come canale di contatto interattivo con clienti, fornitori o partner.

Tuttavia, è necessario distinguere tra le forme di comunicazione aziendale pensate per clienti “consumer” e quelle pensate per rivolgersi ad una clientela industriale di cui si è magari fornitori, il cosiddetto cliente business.
La due forme di comunicazione sono completamente differenti, per quanto si assista una certa tendenza alla convergenza negli ultimi anni. Aggiungerei “per fortuna”, visto che la comunicazione in ambito B2B (business to business) è da sempre quella più limitante per coloro che possiedono il vero talento comunicativo.

Il marketing B2B si fonda su regole “filosofiche”, cognitive, psicologiche e strategiche piuttosto differenti dal marketing B2C (business to consumer). Il primo punto che differenzia i due stili di marketing è il processo di acquisto.

Il consumatore che appartiene alla massa dei destinatari della comunicazione B2C, ha come “drive”, come motore il cosiddetto “impulso emotivo”: l’impatto, la persuasione effettuata o subita da parte dalle logiche di brand delle varie campagne promozionali dalle quali è bombardato o attirato. Il consumatore compra una borsa firmata da un certo stilista non perché ha bisogno di un contenitore per i suoi effetti personali di uso quotidiano ma perché vuole distinguersi e classificarsi in qualche maniera attraverso l’oggetto firmato. Il consumatore, per quanto evoluto possa essere, basa la prorpia scelta su valori intangibili legati agli status, alla rappresentazione di se stessi e a ciò che il bene comprato porta con sé in termini di valorizzazione di chi lo compra. Anche se sembra una definizione molto accademica, in realtà si traduce in modo molto semplice. io compro ciò che mi fa sentire e apparire in modo migliore, mi fa sentire parte di qualcosa o appaga qualche mio bisogno di gratificazione. Ovviamente è una generalizzazione ma se ben ci pensate ci sono fior di marche (i brand) che hanno costruito la propria fortuna in termini di fatturato grazie a un attento posizionamento dei prodotti e alla comunicazione loro inerente.

Nel B2B l’acquisto è un processo razionale che, nella maggior parte dei casi, coinvolge più funzioni dell’azienda come l’ufficio acquisti, l’amministrazione, l’ufficio legale, la direzione e, magari, anche i tecnici.
Inutile tentare di motivare un’ufficio acquisti di un’azienda con argomentazioni di carattere emozionale: l’ufficio acquisti ha come unica missione fondamentale riuscire a strappare le condizioni migliori (prezzo, modalità di pagamento, quantità, consegna, ecc.). L’amministrazione nemmeno a parlarne. I tecnici, poi, sono solo interessati alla funzionalità e all’efficacia di processo o prodotto.

La metodologia di vendita è basata su processi relazionali a volte molto complessi per cui un venditore riesce ad “entrare” in un’azienda dopo un lungo periodo di attesa fuori dalla porta, di tentati appuntamenti o mailing estenuanti. E magari dopo essere entrato non è nemmeno detto che “concluda”, indipendentemente dalla qualità della sua offerta.

È anche per questo che dobbiamo riflettere su un’ulteriore differenza tra B2C e B2B: il numero dei clienti e la qualità delle relazioni che vengono a crearsi con loro.
Nel B2C abbiamo generalmente un rapporto relazionale di “uno a molti”; un’azienda che produce per il consumatore finale ha tendenzialmente migliaia se non milioni di clienti. Un’azienda che invece lavora per altre realtà aziendali o industriali ha, tendenzialmente, centinaia o al massimo migliaia di clienti: il rapporto quantitativo determina quindi una diversa qualità di relazione con la clientela.

E’ quindi vero che il consumatore finale è, di norma, un cliente tendenzialmente portato all’infedeltà nei confronti del prodotto. Può cambiarlo in qualsiasi momento a seconda delle tendenze, delle esigenze del momento o addirittura dell’umore. Il cliente industriale è invece un cliente normalmente più fedele, con il quale si tende a stabilire una relazione fiduciaria più profonda e prolungata nel tempo.
Ecco perché nel B2B abbiamo l’obbligo di coltivare le relazioni con la clientela, relazioni che vanno gestite in maniera personalizzata e più possibile interattiva. In questo senso diventa estremamente importante un vero e proprio impianto di Relazioni Pubbliche per garantire continuità di qualità sul fronte del contatto con il cliente.

E poi c’è la comunicazione.
Ecco le regole d’oro del B2B che dovete sempre tener presente quando vendete un servizio ad un’azienda che lavora per altre realtà aziendali o industriali.

1. Siate fortemente razionali e informativi.
Toglietevi dalla testa grandi slogan a effetto se non siete in grado di argomentare con grande chiarezza e dovizia di dettagli tecnici pregi e vantaggi della vostra offerta.
Gli slogan vanno bene – anzi è comunque fondamentale fornire un buon “pay off” – perché chi vi legge è comunque una persona e non solo una funzione aziendale. Ma è importantissimo che lo slogan sia supportato da contenuti reali e non solo da “poesia della vendita”, che funzionava a malapena negli anni ’80.

2. Dovete essere selettivi e in target.
Il cliente B2B non ha tempo da perdere quindi non fategli pentire di essersi iscritto al vostro servizio di newsletter o alla vostra rete di contenuti. Se non avete nulla da dire non scrivete. Nessuna parola è meglio che una parola fuori posto.
Avete a che fare con clienti che possono essere anche molto diretti nel dirvi che cosa non va nel vostro servizio quindi ricordate sempre che dovete comunicare solo ed esclusivamente se avete qualcosa da dire e da offrire.

3. Dovete creare fiducia.
Se siete riusciti ad acquisire un cliente importante cercate di tenervelo stretto e, per farlo, assicuratevi di comunicare le promesse giuste e di comunicare di averle mantenute. Non funziona come in campagna elettorale… se non mantenete le promesse perdete il cliente.

4. Fate offerte chiare e in grado di stimolare la domanda.
Proponete servizi, attività, progetti, soluzioni, linee di prodotto e non idee o filosofie. Cercate di essere più concreti possibile: la pragmatica è all’ordine del giorno in un’azienda, se uscite da quei binari potete risultare affascinanti ma sicuramente per quanto riguarda la fornitura di quel certo prodotto o servizio il vostro cliente, alla lunga, chiederà ad un vostro concorrente.

5. Costruitevi una duratura reputazione.
La cosiddetta company reputation è uno degli elementi determinanti della marca nel B2B.
Un fornitore affidabile e puntuale, capace di rispettare le scadenze e generare un flusso ragionevolmente basso di resi e che dà sicurezza per la sua stabilità e solvibilità è quel tipo di fornitore che non vorremmo mai perdere.
Se in più si tratta anche di una persona con la quale è piacevole dialogare, che si dimostra essere una persona corretta e di valore, allora non abbiamo trovato solo un fornitore ma molto di più. Quando fate comunicazione in questo settore assicuratevi di poter disporre di questo bene intangibile (ma misurabile) e usatelo a vostro vantaggio.

Ma se è vero che la comunicazione nel B2B è fatta da tutti questi elementi fortemente razionali non dobbiamo mai dimenticare che le aziende sono sempre e comunque fatte da persone che vengono colpite dal vostro “tocco in più” che è spesso quello che fa la differenza.

Gli errori più comuni nella comunicazione B2B sono infatti quello di cadere nell’eccessiva razionalizzazione dei contenuti come, per esempio: trasmettere dati nudi e crudi, in maniera fredda e impersonale (non basta inviare un grafico Excel per comunicare dei risultati); scrivere circolari anziché comunicare (le circolari appartengono al primo dopo guerra… grazie al cielo la scienza della comunicazione è andata avanti); dimenticarsi che i “fronzoli” piacciono anche ai capitani d’industria; sottovalutare il potere di un’immagine, che a volte comunica più di mille parole.

In sintesi, siate precisi, concisi, selettivi e sicuramente informativi ma non dimenticatevi quel pizzico di attrattiva che serve in qualsiasi ambiente. Diversamente, risulterete esaurienti ma noiosi, chiari ma privi di comunicativa, efficaci ma incapaci di stimolare la domanda.
Non avevamo mai detto che fosse facile…!