In principio era MySpace. Poi venne Facebook, dopo ancora Linkedin, in seguito Kickstarts ed infine…ci si accorse che il qualcosa era accaduto: il social networking aveva superato il concetto di rete di aggregazione per diventare un vero e proprio strumento di business dalle mille sfaccettature.
Pensiamo, per esempio, agli ultra professionali Linkedin e Kickstarts, presso cui inserire le proprie “credenziali” ma anche entrare in contatto con colleghi, ex studenti dei propri vecchi corsi e simili, con un approccio volto a consolidare le relazioni sociali finalizzate alla ricerca del lavoro.
Quel che mi chiedo è: davvero i network orientati alla job search stimolano dinamiche così tanto favorevoli in questo senso? O invece, piuttosto che nel social recruiting, il vero business sta nel farvi convogliare più utenti possibile?
Che si tratti di studenti universitari o di giovani manager rampanti desiderosi di far carriera, il punto è che a far miliardi sono stati menti brillanti e astute come Mark Zuckerberg, creatore di Facebook: con una idea semplice ma geniale, un sistema di net- relazioni “basico” ed una spruzzatina di web 2.0, riproponendo la ricetta di MySpace ma in versione meno “friendly” e più “business”, ecco il successo servito su un piatto d’argento.
Oltretutto, una ricetta facilmente replicabile (così come la Rete ci sta dando riscontro), per quanto non sempre con la stessa impressionate serie di zeri in fila nelle cifre riportate nella colonna dei ricavi.
A questo punto è d’obbligo differenziare, direte. In effetti, ci sta pensando Yahoo! con l’idea del geotagging virale che consente – grazie a FireEagle – di localizzare l’autore di determinati contenuti e messaggi inseriti sul network: in pratica, pubblicità gratuita facilmente orientabile verso i propri obiettivi. Non resta che aspettare cosa ne penserà il mercato.
Intanto, però, l’incorreggibile Facebook ne ha messo a segno un’altra, presentando un nuovo sistema pubblicitario che permette alle aziende (Blockbuster, eBay, Coca-Cola Company, Sony Pictures Television, ecc.) di pubblicare annunci nelle pagine degli attuali circa 50 milioni di utenti del network, e riservando loro delle pagine sul sito dedicate ai propri marchi.
Facebook Ads offre tre strumenti: pagine business per collegarsi con la propria audience; spot del tipo “social viral ads” ed un’interfaccia atta a monitorare le attività . A metà fra marketing virale e trusted referrals, potrebbe funzionare meglio del passaparola!
Certo, bisogna ancora capire se un sistema così congeniato non finisca per ledere la privacy degli utenti, che senza rendersene conto diventerebbero una sorta di testimonial reali (non attori ma persone vere, con gusti e preferenze vere) per i diversi marchi, senza seppure un esplicito consenso. Negli Usa è chiaramente illegale una simile procedura, per cui, per non perdere la gallina dalle uova d’oro, con molta probabilità Facebook finirà per richiedere in fase di registrazione il consenso al social advertising. Vedremo se riuscirà a spuntarla.
Purchè l’incubo della pubblicità invasiva non stanchi gli utenti e non rovini la festa anche a chi credeva in Rete non comandasse solo chi ha il mouse in mano…