Per fortuna che doveva essere suonata l’ora di tagliare i costi della politica… Nell’ultima versione della manovra finanziaria 2011 – quella approvata dal Senato con fiducia con futura eguale sorte alla Camera – sono stati “ammorbiditi”, per non dire sforbiciati abbondantemente, i tagli alle indennità dei parlamentari, una vera beffa per gli Italiani che lavorano e pagano per tutti. Inutile ricordare, infatti, che gli sconti che il Governo fa a tutti quelli della casta e gli uomini della politica li dovranno ripagare pesantemente i comuni mortali, che non hanno voce in capitolo.
Nella teoria, era previsto che il taglio alle indennità dei parlamentari fosse permanente, con una riduzione dello stipendio (deputati e senatori italiani prendono più della maggior parte dei colleghi europei, altro che adeguamento europeo…). Nella pratica, invece, alla chetichella si son fatti lo sconto: la riduzione riguarderà solo il 2011-2013 (10% sui redditi superiori ai 90mila euro e 20% sopra i 150mila euro).
Non solo: da questa riduzione sono del tutto esclusi presidenza della Repubblica e Corte Costituzionale. Su questo punto è in corso una polemica, sollevata dal viceministro per le Infrastrutture, Roberto Castelli, che ha puntato il dito contro «una supercasta romana» chiedendo al Quirinale di «sanare» la situazione.
Immediata la replica del Colle, che si è dichiarato «estraneo alla formulazione della norma contenuta nel maxi-emendamento del Governo di cui il senatore Castelli fa parte», e ha poi ricordato che al personale della presidenza viene comunque applicata la riduzione prevista dalle precedenti manovre (5% sopra i 90mila euro e 10% sopra i 150mila).
Gli sconti che i parlamentari si sono concessi non finiscono qui: è stata parecchio ridotta l’imposta sui redditi di chi, deputato o senatore, continua anche a fare un altro lavoro. Doveva essere un taglio del 50%, invece è diventato del 20% per la quota eccedente i 90mila euro e del 40% sopra i 150mila. E non sull’indennità aggiuntiva, ma sul reddito complessivo.
A questo proposito, c’è anche un cambiamento sulle nuove norme relative all’incompatibilità fra diverse cariche. Doveva essere totale per chi siede a Montecitorio o a Palazzo Madama, invece con la nuova formulazione della manovra finanziaria l’incompatibilità è circoscritta a cariche elettive per enti superiori ai 5mila abitanti. Quindi, deputati e senatori potranno sommare l’incarico con quello di sindaco di un piccolo comune e potranno anche fare gli assessori in qualsiasi ente.
La manovra finanziaria bis prosegue il suo iter, approdando alla Camera lunedì 12 settembre con probabile nuovo voto di fiducia. Si prevede il via libera definitivo di Montecitorio fra mercoledì e giovedì.
Intanto il Governo ha approvato i ddl sull’inserimento in Costituzione del pareggio di bilancio, a partire dal 2014 (quindi dopo il pareggio per il quale è stata fatta la manovra), e sull’abolizione delle Province (tranne Trento e Bolzano). Si tratta, in entrambi i casi, di leggi costituzionali, che quindi hanno un iter più lungo: doppio passaggio in ognuna delle due Camere con un intervallo di almeno tre mesi.