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Condono edilizio: impugnata la sanatoria in Campania

di Noemi Ricci

Pubblicato 9 Ottobre 2014
Aggiornato 16 Ottobre 2014 10:26

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Impugnata la riapertura del condono edilizio in Campania da parte del CdM: dettagli e motivazioni.

Impugnato da parte del governo italiano il condono edilizio in Campania. Il Consiglio dei Ministri ha bloccato la riapertura dei termini della Legge Regionale n. 16 del 07/08/2014 “Interventi di rilancio e sviluppo dell’economia regionale nonché di carattere ordinamentale e organizzativo (collegato alla Legge di Stabilità regionale 2014)” con la quale si intendevano sbloccare le pratiche dei condoni edilizi in Campania del 1985 e 1994 depositate negli uffici comunali. Secondo il CdM, la norma invade la competenza dello Stato in materia di governo del territorio.

=> Condono edilizio in Campania: riaperti i termini

Condono edilizio

Per questo motivo il Governo ha impugnato la modifica alla sanatoria introdotta dalla Legge Regionale 10/2004 che avrebbe spostato al 31 dicembre 2015, invece di dicembre 2006, il termine entro cui le Amministrazioni locali possono pronunciarsi sulle domande di regolarizzazione. In sostanza le intenzioni della Regione Campania erano di riaprire le pratiche dei condoni del 1985 e 1994 non esaminate finora per mancanza di tempo. Oltre alla riapertura dei termini per il condono fiscale, la modifica alla Legge Regionale prevedeva di velocizzare il rilascio dei pareri sulle istanze concedendo la sanatoria nel caso in cui la richiesta di regolarizzazione riguardasse immobili siti in zone sottoposte a vincoli che non comportano l’inedificabilità assoluta, senza passare per il consenso delle Amministrazioni preposte alla tutela del vincolo, e respingendola al contrario nelle zone ad inedificabilità assoluta, qualora il vincolo sia stato imposto prima della realizzazione dell’opera da condonare.

=> Condono Edilizio 2014: novità e informazioni

Impugnativa

Secondo il CdM tale Legge Regionale vìola l’articolo 117 della Costituzione e più in particolare si pone in contrasto con:

  • i principi fondamentali della legislazione statale in materia di professioni (articolo 117, terzo comma, della Costituzione);
  • i principi fondamentali della legislazione statale in materia di governo del territorio (articolo 117, terzo comma, della Costituzione);
  • le competenze esclusive statali in materia di tutela dell’ambiente e di tutela della concorrenza (articolo 117, secondo comma, lettere s) ed e) della Costituzione).

=> Guida alle norme in Edilizia: permessi e condoni

Nell’impugnativa del Governo si legge:

“Sotto un primo profilo, deve rilevarsi che la disposizione è idonea a consentire sanatorie in zone “a rischio idraulico” individuate dai piani di bacino o dai piani stralcio di cui alla l. n. 183/1989, le cui relative misure di salvaguardia, in base alle disposizioni del d.P.C.M. 29 settembre 1998, punto 3.1, lettera a), possono prevedere per tali zone l’inedificabilità parziale. Al riguardo, è opportuno evidenziare che le prescrizioni più restrittive contenute negli atti di pianificazione di bacino hanno carattere vincolante per le Amministrazioni e gli enti pubblici e sono sovraordinate ai piani territoriali e ai programmi regionali, ai sensi dell’articolo 65, co. 4,5, e 6 del d.lgs. n. 152/2006. Pertanto, sotto questo aspetto la disposizione censurata invade la competenza esclusiva statale in materia di tutela dell’ambiente, in violazione dell’art. 117, comma 2, lettera s) della Costituzione”.

“Sotto un diverso profilo deve osservarsi che la disposizione censurata, sotto le mentite spoglie di una proroga del termine per la definizione delle domande di condono riferite ad abusi ultimati entro le date previste dalle leggi n. 47/1985 e n. 724/1994 e presentate nei termini previsti dalle medesime, possa di fatto tradursi in una ammissione dei soggetti richiedenti ad integrare, modificare, sviluppare in vario modo (anche su eventuale sollecitazione istruttoria dei comuni procedenti) le medesime domande, in tal modo determinando una oggettiva condizione di concreta possibilità che, stante il lunghissimo lasso di tempo trascorso dalla presentazione delle domande originarie, siano indirettamente ammessi all’esame dei Comuni (e conseguentemente al condono) ulteriori abusi successivamente posti in essere, quali ampliamenti, completamenti delle opere, ecc., senza che le Amministrazioni comunali siano in realtà nelle condizioni di poter effettivamente verificare caso per caso e distinguere ciò che è stato consumato e ultimato negli anni 1983 e 1993 e ciò che, invece, è stato realizzato (o proseguito, o completato) successivamente (e anche in data recente). Tali conseguenze naturali della disposizione in esame appaiono pressoché inevitabili in fatto ed espongono i beni paesaggistici e storico-artistici tutelati, già compromessi dagli abusi edilizi, al pericolo di un ulteriore peggioramento del livello di tutela, con evidente lesione dei valori protetti. Ancora, si ritiene che la disposizione censurata sia manifestamente irragionevole e sproporzionata, posto che la mancata disamina delle vecchie domande di condono da parte dei comuni non fa venir meno l’obbligo giuridico degli enti locali di concludere comunque i relativi procedimenti sulla base degli atti disponibili, con la conseguenza che il termine introdotto dalla disposizione de qua non può avere natura perentoria, ma solo ordinatoria o sollecitatoria. A fronte della inutilità della disposizione, quindi, appare eccessivo e sproporzionato il pericolo di danni ulteriori ai beni tutelati che la medesima è idonea a generare”.

Ora è attesa la pronuncia della Corte Costituzionale chiamata a decidere definitivamente se è possibile riaprire il condono edilizio in Campania o meno.