Le sigarette elettroniche si possono fumare anche sul posto di lavoro, ma è necessaria una valutazione dei rischi in quanto contengono nicotina esponendo a potenziali danni per la salute: lo stabilisce l’interpello 15/2013 del 24 ottobre del Ministero del Lavoro, in risposta all’ABI (associazione bancaria italiana).
Il ministero puntualizza: le aziende possono prevedere policy che vietino le sigarette elettroniche ma comunque è sempre necessaria una valutazione dei rischi, per quanto non sia estensibile il divieto di fumo nei luighi di lavoro (articolo 51 della legge 2/2003).
I rischi
Poichè anche un uso moderato di prodotti a bassa concentrazione di nicotina può comportare il superamento della dose quotidiana accettabile prevista dall’Agenzia Europea per la sicurezza alimentare è lecito chiedersi se l’utilizzo delle sigarette elettroniche nei luoghi di lavoro sia conforme alle regole. Non solo: contenendo (seppur in dimensioni nanometriche) cromo, nichel, stagno, alluminio e ferro – sul cui impatto sulla salute negli ambienti chiusi non ci sono risultati scientifici certi – il dubbio ancor più lecito.
Il divieto
Da un lato per il Ministero non è applicabile il divieto, anche in considerazione delle direttive europee in base alle quali le sigarette elettroniche si collocano al di fuori del campo di applicazione della direttiva 21/37/CE in materia di tabacco. Ricordiamo inoltre che il Decreto Istruzione convertito in legge ha rimosso il divieto di utilizzo nei luoghi pubblici (introdotto dal Decreto IVA Lavoro).
La valutazione
Dall’altro rileva che, «in ragione delle caratteristiche e dei componenti delle varie tipologie di cartucce in commercio», l’uso è consentito solo previa valutazione dei rischi, ai sensi delle normative vigenti. In particolare, la valutazione deve tenere conto del rischio a cui l’utilizzatore della sigaretta espone i colleghi, in ragione delle sostanze che possono essere inalate. Naturalmente, il datore di lavoro è sempre libero di vietare l’uso della sigaretta elettronica. (Fonte: interpello 15/2013 del ministero del Lavoro)