La sentenza n. 14990 della prima sezione civile della Corte di Cassazione ha stabilito i confini che definiscono quando l’assunzione di dipendenti precedentemente impiegati in una impresa concorrente può definirsi concorrenza sleale. La constatazione di un passaggio di collaboratori da un’impresa ad un’altra non giustifica la richiesta di risarcimento: è necessaria la prova del comportamento sleale, dimostrato con il supporto di elementi che confermino che l’assunzione sia stata attuata con lo scopo di acquisire la clientela dell’impresa concorrente.
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Il caso
Il caso riguardava un’azienda attiva nel settore degli impianti telefonici che aveva assunto alcuni dipendenti di una azienda concorrente la quale operava in una provincia differente. La prova di comportamento sleale addotta era costituita dal fatto che, dopo l’assunzione dei dipendenti dell’azienda concorrente, l’impresa aveva iniziato a lavorare sul territorio di quella alla quale aveva sottratto i lavoratori sfruttando le conoscenze e la collaborazione dei nuovi assunti. Ad avvalorare ulteriormente il comportamento sleale dell’azienda c’erano state poi alcune mosse commerciali di espansione volte ad instaurare rapporti con alcuni clienti già acquisiti dall’azienda nella quale precedentemente lavoravano i dipendenti. La condanna in solido al risarcimento del danno per concorrenza sleale era arrivata in prima istanza da parte del giudice ordinario sia nei confronti dell’azienda che ha assunto che degli stessi lavoratori.
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Diversamente si era invece espressa poi la Corte d’appello e anche la Corte territoriale, ritenendo carenti i requisiti della concorrenza sleale e le prove dell’effettivo intento da parte dell’azienda di voler sviare la clientela per mezzo dell’assunzione dei lavoratori della prima impresa. Anche la Corte di secondo grado si è espressa negando la sussistenza di prove volte ad avvalorare il collegamento tra l’assunzione dei nuovi dipendenti e il processo di espansione dell’azienda chiamata in causa. Il fatto che i vecchi clienti si fossero orientati verso l’azienda acquisitrice dei lavoratori poteva essere giustificato dall’aver semplicemente pubblicizzato l’ingresso degli stessi nel proprio organico per valorizzare le offerte commerciali. In ultima istanza era stata chiamata in causa la Suprema Corte di Cassazione, la quale ha definitivamente negato il risarcimento, stabilendo che non era stata sufficientemente provata la concorrenza sleale. Dunque la concorrenza sleale non può essere dedotta dalla semplice constatazione di un passaggio di collaboratori da un’impresa ad un’altra concorrente, mentre è necessario fornire elementi di prova che dimostrino che la contestata assunzione, di per sé legittima, sia stata realmente attuata con il fine di acquisire la clientela dell’impresa concorrente.