La Corte di Cassazione si è espressa in tema di legittimità del licenziamento per ragioni inerenti l’attività produttiva con la sentenza n. 11465 del 9 luglio 2012.
Un tema caldo dopo che la riforma del lavoro ha rivisto la normativa sui licenziamenti e del reintegro (articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori) in alcuni casi di illegittimità dell’interruzione coatta del rapporto di lavoro su iniziativa dell’azienda.
Secondo la Cassazione, se il licenziamento avviene per giustificato motivo, determinato in modo oggettivo da ragioni legate all’attività produttiva, allora il giudice non può sindacare la scelta del datore di lavoro.
In questo caso, infatti, il solo responsabile della corretta gestione dell’azienda è l’imprenditore stesso e le sue decisioni – sia economiche che organizzative – sono in ogni caso congrue ed opportune – se determinate da una necessità reale e non simulata – per cui non possono essere contraddette dal giudice.
Questo significa che sotto la dicitura di “licenziamento per giustificato motivo oggettivo” figura anche il caso in cui il riassetto organizzativo deciso dall’imprenditore sia imputabile ad una «più economica gestione» dell’azienda: «non semplicemente per un incremento di profitto, ma per far fronte a sfavorevoli situazioni, non meramente contingenti, influenti in modo decisivo sulla normale attività produttiva, tanto da imporre una effettiva necessità di riduzione dei costi».