Equitalia chiamata a pagare i danni morali inflitti: una sentenza della Cassazione conferma l’obbligo per l’Ente di riscossione – qualora proceda con una esecuzione forzata illegittima per debiti tributari – al risarcimento del contribuente.
La sentenza n. 9445 della Terza sezione civile della Cassazione – a margine del ricorso di un professionista sottoposto a pignoramento mobiliare del proprio studio in via illegittima, avendo precedentemente vinto la causa contro il Fisco (la sentenza del 6 febbraio 2001 del Tribunale di Roma aveva infatti stabilito che le sanzioni amministrative non erano dovute).
Il risarcimento dei danni morali scatta – in questo specifico caso – a fronte della «mancata interruzione, da parte del Comune di Roma e del Concessionario del servizio di riscossione, della procedura volta al recupero del credito, dopo l’emanazione della sentenza che lo aveva disconosciuto» che era stata opportunamente comunicata ai soggetti interessati.
Questi infatti non avevano risposto alla richiesta di provvedere all’interruzione del procedimento commettendo il reato di omissione di atti di ufficio previsto dall’ex art. 328, secondo comma, codice penale, di cui risponde il pubblico ufficiale, o l’incaricato di un pubblico servizio, che, entro trenta giorni dalla richiesta di chi vi abbia interesse, non compie l’atto del suo ufficio e non risponde per esporre le ragioni del ritardo.
In conclusione la Corte ha decretato che «in tema di responsabilità civile e di richiesta di risarcimento del danno non patrimoniale, quando è prospettato un illecito, astrattamente riconducibile a fattispecie penalmente rilevanti, (come nella specie, nella quale il danneggiato assume come causa del danno il pignoramento mobiliare eseguito, per un credito accertato come inesistente, nonostante la espressa richiesta al Comune e al Concessionario di interruzione del procedimento per il recupero del credito, e in mancanza di risposta a tale richiesta per spiegarne le ragioni, ed è ipotizzabile la fattispecie di reato prevista dall’art. 328, secondo comma, cod. pen.) per il quale la risarcibilità del danno non patrimoniale è espressamente prevista dalla legge, ai sensi degli artt. 2059 cod. civ. e 185 cod. pen., spetta al giudice accertare, incindenter tantum e secondo la legge penale, la sussistenza degli elementi costitutivi del reato, indipendentemente dalla norma penale cui l’attore riconduce la fattispecie».
«Accertamento che è logicamente preliminare all’indagine sull’esistenza di un diritto leso di rilievo costituzionale (cui sia eventualmente ricollegabile il risarcimento del danno non patrimoniale, secondo l’interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 2059 cod. civ. sostenuta dalla giurisprudenza di legittimità oramai consolidata) potendo quest’ultimo venire in rilievo solo dopo l’esclusione della configurabilità di un reato; accertamenti, entrambi, preliminari alla indagine in ordine alla sussistenza in concreto (alla prova) del pregiudizio patito dal titolare dell’interesse tutelato».