La Legge sulla Concorrenza approvata quest’estate in via definitiva contiene una norma di liberalizzazione che riguarda le tariffe degli alberghi: in pratica gli hotel possono praticare tariffe migliorative rispetto a quelle pubblicate sui portali. Viene abolito la cosiddetta “parity rate“, ovvero la clausola prevista da molti contratti con i portali online di intermediazione, come Booking, che vieta di pubblicizzare tariffe inferiori a quelle previste sul portale.
=> Il Ddl Concorrenza è legge
La novità è contenuta nel comma 166 della Legge sulla Concorrenza (legge 124/2017), in base al quale
«è nullo ogni patto con il quale l’impresa turistico-ricettiva si obbliga a non praticare alla clientela finale, con qualsiasi modalità e qualsiasi strumento, prezzi, termini e ogni altra condizione che siano migliorativi rispetto a quelli praticati dalla stessa impresa per il tramite di soggetti terzi, indipendentemente dalla legge regolatrice del contratto».
In pratica, quindi, gli eventuali accordi di parity rate sono nulli.
Positivo il parere delle associazioni di albergatori. Federalberghi ritiene che in questo modo si stabilisce:
«un nuovo e più corretto equilibrio nel rapporto tra le imprese ricettive e le multinazionali dell’intermediazione, completando il percorso che l’Antitrust aveva iniziato, e ristabilendo parità di condizioni tra il sistema turistico italiano e quello di importanti paesi concorrenti», come Germania, Francia, Austria.
La legge che impedisce clausole di parity rate secondo l’associazione comporta benefici per i consumatori, che potranno accedere a tariffe più basse o altri trattamenti di favore, per le imprese (che potranno sviluppare liberamente le proprie politiche commerciali) e per l’erario (che beneficerà di un maggior gettito, altrimenti destinato ad altri stati o ai paradisi fiscali).
Critica invece la posizione di Booking.com, secondo cui la nuova legge italiana viola le normative UE ed è:
«in contrasto con gli sforzi della Commissione europea per promuovere l’innovazione digitale a livello europeo, compromettendo così la coerenza e la concorrenza previste nell’ambito del mercato unico digitale».