Con la sentenza n. 1545/2017, la Corte di Cassazione cambia la qualificazione giuridica dell’attività di amministratore di società, o consigliere d’amministrazione. Diversamente dalle precedenti interpretazioni della Suprema Corte, con l’ultima sentenza i giudici hanno ritenuto, tenendo conto delle evoluzioni che la disciplina societaria ha subito negli ultimi anni, che quello che lega società ed amministratore sia un rapporto societario e non di lavoro subordinato o parasubordinato.
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Ne consegue che gli amministratori di società dovranno iscriversi alla Gestione artigiani e commercianti dell’INPS e non più alla Gestione separata, con aliquota contributiva al 23,64% nel luogo del 32%, ma con minimale contributivo per i redditi inferiori a €15000 di €3670.
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Obbligo che però scatta solo nel caso in cui l’amministratore o consigliere della società non sia già iscritto ad altra forma di previdenza obbligatoria.
Non solo:
- in caso di controversie tra le parti del Tribunale di competenza passa da quello del lavoro a quello delle imprese;
- il compenso dell’amministratore di società sarà pignorabile anche oltre i limiti previsti per il lavoro dipendente;
- viene meno la doppia contribuzione nel caso in cui il socio amministratore versi già contributi previdenziali alla gestione commercianti in qualità di socio della società.
Precisiamo che tuttavia sulla questione l’INPS non si è ancora pronunciato dunque per sapere se effettivamente le interpretazioni della Corte Costituzionale porteranno alle conseguenze sopra illustrate bisognerà attendere tel istituto di previdenza nazionale prenda posizione in merito.