Immigrazione: asilo più veloce e stretta sui rimpatri

di Noemi Ricci

Pubblicato 15 Febbraio 2017
Aggiornato 6 Luglio 2017 14:58

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Il Ministero dell'Interno lavora ad un DL sull'immigrazione, con una stretta alle espulsioni degli irregolari ed il coinvolgimento dei richiedenti asilo in attività di pubblica utilità.

Dopo il polverone sollevato dal presidente degli USA, Donald Trump, con il bando sugli immigrati musulmani, la situazione legata immigrazione, asili politici e sicurezza è tornata in primo piano anche in Italia. In audizione presso le Commissioni riunite Affari costituzionali di Camera e Senato, il ministro dell’Interno, Marco Minniti, ha esposto le sue linee programmatiche in materia, che saranno contenute in un decreto legge al quale sta lavorando il Governo.

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L’idea è di avere:

«La possibilità di utilizzare i richiedenti asilo per lavori di pubblica utilità, finanziati con fondi europei. Non si creerà una duplicazione nei mercati del lavoro, perché non sarà un lavoro retribuito».

Coinvolgere gli immigrati in attività di pubblica utilità a favore delle popolazioni locali significherebbe dare loro maggiori prospettive di integrazione nel Paese ospitante. Un fattore cruciale, considerando le dimensioni del fenomeno: solo in questa prima parte di 2017 sono arrivati in Italia 9.359 migranti, pari al +50% dello stesso periodo del 2016 (6.030) e quasi il triplo del 2015 (3.709).

In merito ai lunghi tempi burocratici perché gli immigrati ottengano una risposta alla propria domanda, Minniti ha dichiarato:

«L’accoglienza non può avere tempi indefiniti. Bisogna abbattere i tempi di risposta per i richiedenti asilo, che sono mediamente di due anni: è un periodo troppo lungo per i diritti dei richiedenti e per le comunità. Bisogna quindi intervenire dal punto di vista legislativo riducendo di un grado di giudizio per i ricorsi e con assunzioni nelle commissioni d’asilo»

In parallelo va però attuato, sottolinea il ministro, un giro di vite sulle espulsioni degli irregolari.

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Il decreto legge in via di definizione rinominerà tra l’altro gli attuali “Cie-Centri di identificazione ed espulsione” con il termine “Cpr-Centri per il rimpatrio”:

«Saranno riaperti centri dove tenere le persone in attesa di essere rimpatriate, uno per regione, per un totale di 1.600 posti. Un paese di 60 milioni di abitanti può averli. Non c’entrano nulla con i vecchi Cie» ha spiegato Minniti, precisando che si tratterà di strutture «di piccole dimensioni, preferibilmente fuori da centri urbani, vicini a infrastrutture di trasporto, con governance trasparenti e poteri di accesso illimitato per il Garante dei detenuti».

Puntando su una stretta ai rimpatri forzati, secondo il ministro:

«Cominceranno a funzionare i rimpatri volontari assistiti, per i quali prevediamo il raddoppio dei fondi». «Non mi accontento – ha sottolineato – del foglio di via. In condizioni di civiltà e rispetto, chi non ha diritto a restare deve esser riportato nel Paese di provenienza».