La legge italiana sull’equo compenso deve essere rivista, in parte, per essere allineata al diritto dell’Unione Europea: a stabilirlo è stata la Corte UE secondo la quale la SIAE dovrebbe prevedere l’esenzione automatica per i professionisti.
=> Imprese, come non pagare la SIAE
Equo compenso
Con la propria sentenza la Corte UE ha dato ragione ai colossi hi-tech quali Microsoft, HP, Telecom Italia, Samsung, Dell, Fastweb, Sony Mobile e Wind, che da anni lamentavano l’iniquità della legislazione italiana del 2009 sugli aspetti relativi all’equo compenso per copia privata e avevano avanzato la causa presso la Corte di Bruxelles contro Ministero dei Beni Culturali, SIAE, IMAIE, ANICA e APT hanno torto.
Nel 2014 le aziende avevano presentato ricorso al TAR del Lazio contro la legge italiana sull’equo compenso, ovvero sulla richiesta sia ai consumatori finali che alle imprese di indennizzo forfettario agli autori applicato sugli apparecchi elettronici che consentono la registrazione di audio e video.
Sentenza UE
Da quanto si evince dalla sentenza UE, tre sono gli aspetti incompatibili con la direttiva UE in materia:
- il fatto che si parli di copie private, secondo le aziende e la Corte UE, escluderebbe fini professionali e questo significa che per i professionisti dovrebbe esservi un’esenzione automatica a priori;
- sarebbe contraddittorio, in particolare rispetto al principio di parità di trattamento, anche il fatto che l’applicazione delle esenzioni sia il “frutto di una negoziazione sostanzialmente privatistica in mano alla SIAE, regolata esclusivamente dalla SIAE stessa e senza che una legislazione precisa disciplini il procedimento e indichi i criteri da seguire”;
- il rimborso ex post inoltre, secondo la Corte, «può costituire, in astratto, un’alternativa all’esenzione ex ante e può essere generalmente previsto a favore dei soli utilizzatori finali», ma «questa limitazione non è possibile in un sistema che non prevede un esonero ex ante per i produttori, importatori o distributori che forniscono i propri macchinari a soggetti con fini manifestamente estranei alla riproduzione per uso privato».
Viene inoltre respinta da parte della Corte di Giustizia la richiesta della SIAE di limitare gli effetti nel tempo della decisione, constatando l’assenza di buona fede e ritenendo non ci siano «gravi rischi» per la SIAE stessa in merito al recupero delle somme già accordate agli aventi diritto all’equo compenso.
Risposta della SIAE
In una nota della SIAE si legge, in commento alla sentenza:
«La sentenza di oggi della Corte di Giustizia non mette in alcun modo in discussione la legittimità della copia privata, né mette in discussione l’intero decreto Bondi o la correttezza del nostro operato».
La SIAE si dichiara inoltre pronta:
«Ad adeguare immediatamente la propria attività alle eventuali disposizioni che il Ministero vorrà adottare in materia, così come è pronta ad adeguarsi alle decisioni che il Consiglio di Stato vorrà adottare in ragione dei principi sanciti dalla Corte di Giustizia».