Nel 2016 i Comuni non possono introdurre nuove imposte di soggiorno e nemmeno alzare l’eventuale tassa già applicata nel 2015: lo prevede la Legge di Stabilità 2016, nella parte in cui fissa il criterio di «contenere il livello complessivo della pressione tributaria», sospendendo per l’anno in corso l’efficacia delle leggi regionali e delle deliberazioni dei Comuni «nella parte in cui prevedono aumenti dei tributi e delle addizionali» (comma 26, legge 208/2015). In seguito alla richiesta di chiarimenti dagli enti locali, il Dipartimento delle Finanze ha fornito una serie di chiarimenti applicativi con la Risoluzione 2/DF del 22 marzo scorso.
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Il punto è il seguente: la norma è apparsa a tutti molto chiara nel divieto di alzare le tasse locali, quindi anche l’imposta di soggiorno, mentre sono stati sollevati dubbi sulla possibilità di istituire un nuovo tributo in Comuni che precedentemente non applicavano imposte di soggiorno. Il ministero risponde che non è possibile, la norma vieta l’aumento dell’imposizione tributaria e
«in tale ambito, a maggior ragione, deve essere collocata la scelta dell’ente locale di introdurre un nuovo tributo, quale, nel caso in specie, l’imposta di soggiorno», perché «appare del tutto palese che così operando si verrebbe a generare un aumento della pressione fiscale».
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Il Dipartimento delle Finanze ricorda che alle medesime conclusioni è arrivata anche una sentenza della Corte dei Conti, sezione regionale Abruzzo, 35/2016, che assimila l’istituzione di una nuova imposta di soggiorno all’aumento di pressione fiscale, ritenendola quindi incompatibile con la norma in manovra. Secondo la Corte, la legge deve essere
«letta in via estensiva, ritenendo il blocco applicabile a tutte le forme di variazione in aumento dei tributi a livello locale, sia che le stesse si configurino come incremento di aliquote di tributi già esistenti nel 2015, sia che consistano nell’istituzione di nuove fonti impositive».