Il governo ha approvato in via preliminare due decreti legislativi in recepimento della direttiva europea 2014/59/UE, che modificano il Testo Unico Bancario (385/93) sulle crisi bancarie: dal 2016 ne risponderanno in primis i soci (azionisti) e poi gli obbligazionisti e i correntisti con depositi superiori a 100mila euro, in virtù del principio di bail-in (salvataggio interno); solo successivamente è prevista l’eventuale partecipazione dello Stato (bail-out), come invece è avvenuto durante la crisi finanziaria provocata dal crack di Lehman Brothers nel 2008. Obiettivo: limitare il più possibile gli effetti sistemici di tali eventi.
=> Banca in crisi, risponde anche il risparmiatore
Bail-in
Prima dell’intervento dei soci, l’istituto in crisi deve utilizzare il proprio capitale e la Banca d’Italia dovrà mettere in atto tutte le misure per reperire risorse (ad esempio, vendendo gli asset). Quindi, scatta l’intervento dei privati, nel seguente ordine:
- soci,
- azionisti della banca,
- “creditori” (obbligazionisti che hanno acquistato bond della banca),
- correntisti se hanno depositi superiori a 100mila euro (conti correnti, conti deposito, assegni circolari, certificati di deposito), per la parte superiore a questa cifra.
Solo al termine di queste operazioni può intervenire anche il capitale pubblico, attraverso un apposito fondo istituito a livello nazionale (finanziato dal sistema bancario) e il fondo europeo SRF (Single Resolution Fund). I piccoli risparmi sono salvaguardati, così come i contenuti di cassette di sicurezza e deposito titoli.