![SISTRI](https://cdn.pmi.it/sECJ2Oq8YOgB0g3rJBsNP75D9Vw=/650x350/smart/https://www.pmi.it/app/uploads/2011/11/SISTRI2.png)
![logo PMI+](https://www.pmi.it/app/themes/pmi-2018/dist/images/pmi+/pmiplus-logo-big-white.png)
![logo PMI+](https://www.pmi.it/app/themes/pmi-2018/dist/images/pmi+/pmiplus-logo-big-white.png)
Contro il SISTRI, Confartigianato, Cna, Casartigiani e Confesercenti hanno annunciato di aver avviato per le proprie imprese associate le prime azioni legali con l’obiettivo di recuperare i contributi versati per il biennio 2010-2011.
Rimborsi per 70 milioni di euro versati da 325.470 imprese italiane per un sistema, il SISTRI, ancora mai entrato in funzione.
Il sistema informatico per la tracciabilità dei rifiuti pericolosi è infatti ben lontano dall’essere pronto per diventare operativo e sostenere le imprese della filiera a combattere le ecomafie, ma agli imprenditori è stato richiesto di pagare le iscrizioni al servizio, l’acquisto delle chiavette USB (oltre 500 mila) e delle black box (quasi 90 mila): costi inutili che gravano sulle imprese già in difficoltà a causa della crisi economica tuttora in atto.
Così Confartigianato, Cna, Casartigiani e Confesercenti, oltre a chiedere il rimborso per le imprese, sottolineano ancora una volta le inefficienze emerse dai test SISTRI e chiedono «una revisione profonda e strutturale del sistema, per semplificare il quadro normativo e le procedure e rendere il SISTRI uno strumento di semplice utilizzo, realmente efficace per contrastare le ecomafie e fondato su criteri di trasparenza ed efficienza».
Nel frattempo però le imprese non possono pagare per un sistema che non funziona e le Confederazioni annunciano l’avvio delle dovute azioni legali contro il Ministero dell’Ambiente perché rimborsi alle imprese i costi sostenuti.