Nella società in accomandita semplice (s.a.s.) la caratteristica fondamentale è la presenza di due categorie di soci: accomandanti e accomandatari. In base all’art. 2315 del codice civile, alle s.a.s si applica la disciplina delle s.n.c. (società in nome collettivo), anche se vi sono delle differenze per quanto riguarda l’amministrazione della società.
Soci accomandanti
I Soci accomandanti rispondono delle obbligazioni contratte dalla società solo per la quota conferita. Quindi, in caso di fallimento, non rischiano che la perdita del valore del conferimento convenuto ex art. 2313 c.c.
Sulla base dell’art. 2230, è loro precluso: compiere atti di amministrazione; trattare o concludere affari in nome della società, se non in forza di procura speciale per singoli affari.
Dunque, al beneficio della limitazione della responsabilità corrisponde una rigida esclusione dall’amministrazione della società: in caso di violazione del divieto, si rischia l’esclusione dalla società e la perdita del beneficio della responsabilità limitata. Il socio accomandante – con riferimento all’art. 2320 c. c. – perde infatti il beneficio della limitazione della responsabilità quando compie atti di gestione esterna o interna della società, anche se si sia limitato a trattare affari per la s.a.s. senza aver compiuto alcun atto giuridicamente vincolante per la società.
Lo stesso effetto si verifica nel caso in cui l’accomandante consente che il suo nome sia compreso nella ragione sociale: in questo caso risponderà solidalmente e illimitatamente delle obbligazioni sociali, ma non assumerà la qualifica di accomandatario.
Visto il disposto dell’art. 2320 c.c., il socio accomandante non può essere preposto all’esercizio dell’impresa in qualità di institore, né può essere mandatario generale della s.a.s.
I soci accomandanti hanno i seguenti diritti: utili; voto; recesso; liquidazione della quota sociale; comunicazione annuale del bilancio e del conto economico; richiesta di revoca degli amministratori; richiesta agli amministratori di notizie sull’andamento degli affari sociali; richiesta di consultazione di libri e altri documenti della società.
I soci accomandanti non sono tenuti alla restituzione degli utili riscossi in buona fede secondo il bilancio regolarmente approvato.
Soci accomandatari
I soci accomandatari rispondono solidalmente ed illimitatamente delle obbligazioni sociali, e a loro è attribuita l’amministrazione e la rappresentanza della società. Secondo l’art. 2318 c.c., hanno gli stessi diritti e obblighi dei soci delle S.n.c. (società in nome collettivo) e l’amministrazione della società può essere conferita soltanto a loro.
Al socio accomandatario spettano i seguenti diritti: amministrazione società; utili; voto; nomina o revoca degli amministratori; recesso; liquidazione della quota.
Tra gli obblighi: effettuare i conferimenti a fronte della quota sottoscritta; rispondere solidalmente, illimitatamente e sussidiariamente delle obbligazioni sociali; il divieto di concorrenza.
Fallimento e responsabilità dei soci
Ai sensi del dlgs n.169/2007 (art. 147) – norma vigente in tema di fallimento -la sentenza che dichiara il fallimento di una società appartenente a uno dei tipi regolati nei capi III, IV e VI del Titolo V del Libro quinto del codice civile – società semplice, società in nome collettivo e società in accomandita semplice – produce automaticamente anche il fallimento dei soci accomandatari (pur se non persone fisiche, illimitatamente responsabili.
La dichiarazione di fallimento è possibile solo se l’insolvenza della società attenga, in tutto o in parte, a debiti esistenti alla data della cessazione della responsabilità illimitata.
Il fallimento dei soci (di quelli illimitatamente responsabili) non può essere dichiarato decorso un anno dallo scioglimento del rapporto sociale o dalla cessazione della responsabilità illimitata, anche in caso di trasformazione, fusione o scissione, se sono state osservate le formalità per rendere noti ai terzi i fatti indicati. Inoltre, prima di dichiarare il fallimento dei soci illimitatamente responsabili, il tribunale deve disporne la convocazione.
Contro la sentenza è ammesso reclamo o appello, da proporre in ogni caso con ricorso da depositarsi nella Cancelleria della Corte d’Appello territorialmente competente, nel termine perentorio di trenta giorni.
Il socio accomandante, invece, è tenuto solo a conferire in società la sua quota ed è obbligato solo nei confronti della società. Diventa responsabile e si espone al fallimento, solo nei casi citati: il suo nome è incluso nella ragione sociale; si ingerisce nell’amministrazione sociale; svolge attività in favore della s.a.s. in forza di una procura generale; si comporta in modo tale da far sorgere nei terzi il convincimemto che egli sia accomandatario o l’unico ed esclusivo titolare dell’impresa.
La sentenza del 3 giugno 2010, n. 13468 della Corte di Cassazione – che trova origine in una contestata dichiarazione di fallimento pronunciata nei confronti di una socia accomandante di società fallita pone dei casi particolari.
La socia accomandante era stata giudicata in primo grado responsabile di aver violato il divieto di ingerenza nell’amministrazione della società prestando garanzie e sostegno finanziario ed effettuando prelievi di denaro dalle casse sociale tramite un fondo prelevamento soci. Il suo ricorso è stato però accolto dalla Corte d’Appello, in quanto i fatti posti non erano “manifestazioni di un’attività di gestione degli affari sociali”.
Il divieto di compiere atti di amministrazione contempla infatti atti di gestione aventi influenza decisiva o almeno rilevante sull’amministrazione della società, o trattare o concludere affari in nome della società: pertanto, non sono considerati atti di amministrazione gli atti di mero ordine o esecutivi.
Secondo la Corte, dunque, la situazione di socio occulto di una s.a.a. non è idonea a far assumere la qualità di socio accomandatario: affinchè possa presumersi la qualita di socio accomandatario è infatti necessario accertare di volta in volta la posizione in concreto assunta dal socio.