La redazione di PMI.it si è dedicata più volte al patto di non concorrenza tra impresa e lavoratore. Abbiamo pertanto deciso di approfondire l’argomento rispondendo alle domande più interessanti tra quelle che ci hanno rivolto gli utenti a margine del nostro ultimo articolo sul tema.
Corrispettivi
Il datore di lavoro quando deve pagare quanto pattuito? In altri termini: è possibile/corretto che il corrispettivo ancora spettante venga pagato in rate semestrali? O magari alla scadenza del periodo? E in tal caso il lavoratore è sempre vincolato al patto, o la mancanza del pagamento costituisce la violazione degli obblighi assunti dal datore?
R. Il patto di non concorrenza prevede, a fronte delle obbligazioni assunte dal lavoratore, la corresponsione da parte del datore di lavoro di una determinata somma di denaro che viene versata secondo gli accordi presi tra le parti. Generalmente il pagamento è mensile in busta paga, ma nulla osta a una rateizzazione diversa (trimestrale, semestrale, ect.). In caso di mancato pagamento di quanto dovuto, il lavoratore ha due alternative. Agire giudizialmente:
- per ottenere la risoluzione del contratto e chiedere il risarcimento degli eventuali danni subiti: in questo caso, a seguito della pronuncia di risoluzione il lavoratore non è più tenuto a rispettare l’obbligo di non concorrenza;
- per il pagamento di quanto dovuto dal datore di lavoro e per l’eventuale risarcimento dei danni subiti: in questo caso, invece, il lavoratore dovrà rispettare l’obbligazione da lui assunta.
Ricordo che il ricorso al Giudice per la pronunzia di risoluzione del patto può essere evitato provvedendo ad inserire nel patto medesimo una c.d. clausola risolutiva espressa che prevede la risoluzione del patto in caso di mancato pagamento della somma a favore del lavoratore.
=> Il patto di non concorrenza tra impresa e lavoratore
Violazione del dipendente
In caso di violazione del dipendente, questi dovrà restituire quanto avuto (compresi contributi ecc.) o solo il netto percepito?
R. In caso di inadempimento del lavoratore, al datore di lavoro spetta il risarcimento dei danni da lui subiti nonché la restituzione delle somme pattuite. Possono rientrare nei danni da lui subiti la contribuzione a carico del datore di lavoro da lui corrisposta, poiché la stessa rappresenta un costo da lui sostenuto.
=> Guida contratti aziendali: obblighi dei lavoratori
Azienda concorrente
Poniamo il caso: cesso un rapporto di lavoro in qualità di dipendente e divento poi socio o amministratore di un’azienda analoga a quello presso cui precedentemente ero dipendente e che svolge attività in palese concorrenza. Si precisa che cessato il mio precedente rapporto, non risulta altro accordo scritto con l’ex titolare. La legge considera illegittimo il mio atteggiamento o tutto ciò rientra nella liceità?
R. Il patto di non concorrenza è un accordo tra datore di lavoro e lavoratore per limitare la facoltà del dipendente di svolgere attività professionali in concorrenza con l’azienda dopo la cessazione del rapporto di lavoro, per un determinato periodo di tempo. Pertanto, iniziare un’attività lavorativa concorrenziale con l’ex azienda di cui si era dipendente è considerato un comportamento illegittimo. Ovviamente, per valutare tale illegittimità occorre individuare il contenuto del patto, l’attività precedentemente svolta e quella attualmente svolta (socio oppure amministratore).
=> Periodo di prova e patto di non concorrenza
Busta paga
Ho firmato un patto di non concorrenza al momento della stipula del contratto con l’azienda in cui lavoro, oramai sono 2 anni e non risulta ancora in busta paga la voce e la tariffa. L’ufficio amministrazione mi ha chiesto la copia del patto e mi ha detto che dal mese prossimo lo troverò scritto in busta paga e la tariffa rientra nel superminimo, la mia domanda è questa: è vero che rientra nel superminimo oppure deve essere distinta?
R. La somma prevista per il patto di non concorrenza costituisce una voce distinta e diversa da quelle contrattualmente previste, come nel caso del superminimo.
Validità patto di non concorrenza
Nel 2005 sono stato assunto con contratto a termine rinnovato poi di 6 mesi. Mansione svolta funzionario di vendita. Mi fecero firmare subito un patto di non concorrenza. Nella busta paga però mi sembra che non ci sia nessun corrispettivo pagato per il patto di non concorrenza. Settembre 2006 ho aperto una copisteria e a giugno 2008 l’azienda mi ha ricontattato e mi ha riassunto con contratto a tempo indeterminato. Non mi hanno fatto ri-firmare nessun patto di non concorrenza. Secondo lei il primo ha sempre valore oppure no? nell’attuale busta paga la voce “patto no conc” non riporta nessun corrispettivo.
R. Perché sussista il patto di non concorrenza è necessaria una pattuizione tra le parti. In questo caso, a seguito della successiva assunzione, non è stato sottoposto nessun patto da sottoscrivere, pertanto non c’è da temere: con la seconda assunzione non è sorto nessun obbligo di non concorrenza. Potrebbe invece essere ancora in vigore il primo, in tal caso devi controllare la durata dello stesso. Perché il patto sia valido è necessario che sia previsto il pagamento di una somma di denaro che, in questo caso, non pare sia stato previsto.
Limitazione di zona
Sul “patto di non concorrenza” non è specificata in nessun punto la zona di competenza: il patto è da ritenersi nullo visto che non mi dà limitazioni di zona?
R. Il patto di non concorrenza deve prevedere espressamente le attività professionali che non possono essere esercitate dal lavoratore a conclusione del rapporto di lavoro, unitamente all’ambito geografico di efficacia. Secondo la Giurisprudenza consolidata, l’indicazione territoriale, nonché le attività vietate non possono essere tali da impedire al lavoratore di trovare un lavoro coerente al proprio profilo professionale.
In base a tali considerazioni sono valide anche le pattuizioni che prevedono quale limite geografico tutto il territorio nazionale, laddove l’elencazione delle attività vietate acconsentano comunque al lavoratore di trovare una occupazione aderente alla professionalità acquisita. In caso di mancata indicazione della zona geografica, la Giurisprudenza prevalente indica la nullità del patto, mentre altre pronunce sanzionano tale mancanza con la nullità solo in caso di provata indeterminatezza del patto.
Periodo patto non concorrenza
Devo essere assunto da un’azienda che mi propone un contratto a tempo determinato con patto di non concorrenza pagato in busta (20% della retribuzione). Avendo un contratto a 12 mesi possono inserirmi un patto di non concorrenza? Per quanto tempo massimo può essere valido (loro propongono 2 anni)?
R. Preliminarmente ricordo che in caso di assunzione senza contestuale sottoscrizione di un patto di non concorrenza, l’eventuale successiva stipula di un accordo del genere è condizionato dalla volontà delle parti; l’eventuale indisponibilità del lavoratore, peraltro, non costituisce causa di licenziamento.
Anche nel contratto a tempo indeterminato è ammissibile un patto di non concorrenza. La durata dell’accordo è rimesso alla autonomia contrattuale delle parti, anche se, secondo la giurisprudenza, non deve essere tale da pregiudicare le concrete possibilità di svolgere una attività di lavoro. Nel suo caso, la durata di anni due, mi pare proporzionata.
Mancata corresponsione
Lavoro come arredatore e un’azienda del medesimo settore mi ha proposto un contratto vantaggioso. Il contratto precedentemente firmato prevedeva un Patto di non concorrenza, ma nelle mie buste paga non risulta nessuna voce sul compenso per tale patto. Il Patto è valido anche se non viene corrisposta nessuna cifra? Se è valido lo stesso, che danni può richiedere il datore di lavoro?
R. Il patto di non concorrenza deve necessariamente prevedere la corresponsione da parte del datore di lavoro di una somma di denaro, a fronte delle limitazioni che il lavoratore subirà a seguito della conclusione del rapporto di lavoro. La mancata indicazione di tale somma di denaro incide sulla validità/efficacia del patto medesimo.
Minimo contrattuale
Se si toglie la parte percentuale concordata come quota del patto di concorrenza è possibile che la rimanente parte sia inferiore al minimo contrattuale stabilito – nel caso specifico – dal contratto nazionale metalmeccanico?
R. La risposta è no: la somma prevista per il patto di non concorrenza rappresenta una quota aggiuntiva alla retribuzione prevista dalla contrattazione. Peraltro, il cosiddetto “minimo contrattuale” non può essere, in nessuna ragione, derogato in peggio per il lavoratore.
Annullare il patto di non concorrenza
Ho stipulato un patto di non concorrenza con il mio datore di lavoro, in questo momento vorrei annullarlo pur lavorando nella stessa ditta, è possibile? come devo procedere? Inoltre vorrei sapere se copia di tale contratto debba averlo anch’io, dato che da parte del datore non mi è stata consegnata (è così la procedura, oppure devo richiederla?)
R. La possibilità di recedere da un contratto è ammissibile solo nei casi in cui l’accordo è a tempo indeterminato ovvero quando sia previsto espressamente dalla legge o dall’accordo stesso. Pertanto, il lavoratore può recedere dal contratto solo se il patto stesso preveda tale possibilità o nel caso di accordo col datore di lavoro.
Nel primo caso è sufficiente comunicare la propria volontà al datore di lavoro. Nel secondo è necessario redigere specifico accordo (scrittura privata) di risoluzione (scioglimento) del patto di non concorrenza stipulato. Infine, il lavoratore deve consegnare spontaneamente copia sottoscritta dal datore di lavoro del patto di non concorrenza.
Per ulteriori approfondimenti, consultare la rubrica “Esperto Risponde“.