Quando scatta la “stabile organizzazione di personale“? A spiegarlo in ogni sua sfaccettatura è la sentenza 1120/2013 della Corte di Cassazione, secondo cui la sua esistenza può essere dedotta “anche alla stregua di elementi a carattere indiziario e presuntivo […]considerati globalmente e nella loro reciproca connessione”.
Indizi presuntivi
La Suprema Corte accoglie la tesi dell’Agenzia delle Entrate, secondo cui una stabile organizzazione di personale estero si configura in Italia (e quindi è soggetta alle normative fiscali locali) se ci sono segnali evidenti: contratti stipulati consumati in Italia; domicilio fiscale su territorio italiano; legale rappresentante e commissario ad acta della società con residenza e domicilio in Italia; contribuente intestatario di conti corrente e dossier titoli presso aziende di credito italiane, su cui transitano poste dipendenti dall’attività della società estera di misura economicamente rilevante.
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Per la Cassazione può dunque essere dedotta da elementi rivelatori nel loro insieme una “stabile organizzazione”, che sussiste se una persona fisica o giuridica opera in veste di agente dipendente per conto di un’impresa, esercitando il potere di concludere contratti per l’impresa stessa in uno Stato contraente (art. 5, par. 5, Modello OCSE 2010), a meno che l’attività non sia preparatoria e ausiliaria.
Requisiti
Dunque, accanto al requisito soggettivo (agenti dipendenti), la stabile organizzazione di persone deve contare anche su un requisito oggettivo, che si realizza quando l’agente conclude contratti a nome dell’impresa (autonomia e rappresentanza).
- Requisito soggettivo: un agente è dipendente se non è autonomo giuridicamente ed economicamente dall’impresa e se non esercita per essa un’attività che normalmente opererebbe come propria. In pratica, non si sobbarca rischi imprenditoriali, non ha autonomia sulle attività svolte e le esercita per un unico proponente, da cui dipende economicamente.
- Requisito oggettivo: un agente è dipendente se esercita in maniera abituale il potere di sottoscrivere contratti in nome dell’azienda con poteri di rappresentanza, anche se non li firma materialmente ed anche se non sono a nome dell’impresa, purché la obblighino economicamente. È infine necessario che le operazioni alla base dei contratti afferiscano al business dell’azienda e non siano semplici operazioni interne o collaterali.