IMU e rendita catastale rivalutata per calcolare il valore degli immobili hanno in parte ridotto la sperequazione esistente in Italia fra i valori di catasto e di mercato, ma la strada da percorrere è ancora lunga.
Secondo il direttore dell’Agenzia delle Entrate, Attilio Befera, per la riforma della normativa serviranno 5 anni, come spiegato in audizione alla sesta Commissione Finanze e Tesoro del Senato in materia di tassazione sulla casa.
Il programma è di proseguire sulla strada della Riforma contenuta nel Ddl delega di giugno 2012 e approvato alla Camera lo scorso ottobre (leggi qui), poi arenatosi a fine Legislatura. In vista di una ripresa dei lavori, l’Agenzia delle Entrate evidenzia la necessità di soffermarsi su: collaborazione con i Comuni, immobili di interesse storico artistico, oneri per lo Stato. «L’orizzonte temporale di una siffatta revisione non potrà che essere pluriennale e, presumibilmente, non inferiore ai cinque anni, anche se una stima più precisa dei tempi e delle risorse, umane e finanziarie, necessita di ulteriori analisi e approfondimenti».
Catasto in attesa di Riforma
Il Catasto Edilizio Urbano istituito nel 1939 ed entrato in vigore nel 1962, ha visto come ultima rivalutazione delle tariffe quella del 1990, senza mai una «revisione generale del classamento», motivo per cui «si è prodotto, nel tempo, un progressivo scollamento tra la realtà dei valori catastali e i valori del mercato immobiliare».
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Qualcosa, in realtà, è stato fatto con i commi 335 e 336 dell’articolo 1 della legge 311/2004 (la finanziaria 2005) che prevedono il riclassamento di intere microzone dei territorio comunali (in cui gli scostamenti con i valori di mercato siano particolarmente significativi), o quello di singole unità (non registrate o in cui siano avvenute variazioni): il problema è che solo 17 comuni hanno attivato le disposizioni del comma 335, mentre sono più numerosi (un migliaio) gli enti che hanno recepito quelle relative al comma 336 (che riguarda le singole unità immobiliari).
Un altro passo avanti è stato fatto con l’attribuzione della rendita presunta ai cosiddetti immobili fantasma (non registrati in Catasto).
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Conclusione, la riforma è necessaria e deve innanzitutto porre rimedio alle tre principali criticità del sistema: inadeguatezza delle attuali categorie catastali, zone censuarie eccessivamente ampie e con un periodo di riferimento di oltre 20 anni fa, persistenza di classamenti effettuati in fase di impianto del sistema catastale.
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Effetti su IMU e tassazione
Da una parte, sottolinea Befera, «con l’introduzione dell’IMU e la rivalutazione dei coefficienti che consentono il passaggio dalle rendite catastali (rimaste invariate) ai valori imponibili patrimoniali degli immobili, si è ridotta ovviamente la distanza tra questi ultimi e i corrispondenti valori di mercato», ma «d’altra parte, è aumentata l’iniquità» che deriva dalla non aderenza alla realtà delle rendite.
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Non solo: «a completare il quadro, si deve aggiungere che lo strumento selettivo per l’accesso alle prestazioni di welfare», ovvero l’ISEE (indicatore della situazione economica equivalente), viene determinato tenendo conto anche del patrimonio immobiliare valutato su «base catastale». Quindi, «una valutazione catastale iniqua degli immobili trasferisce i suoi effetti anche sull’accesso alle prestazioni di welfare».
Il ruolo delle Entrate
Descritte alcune attività in corso, ritenute utili per accompagnare la necessaria riforma del catasto:
- allineamento Catasto terreni e Catasto edilizio urbano: c’è un problema legato alla passata gestione indipendente dell’archivio censuario e di quello cartografico (relativo ai terreni). E’ in corso l’attività di riallineamento (dopo l’informatizzazione completa degli archivi), il cui avanzamento è al 70%.
- Costituzione archivio dei fabbricati: serve a identificare le unità immobiliari mediante l’edificio, o fabbricato, a cui appartengono. E’ in fase di realizzazione.
- Completamento banca dati planimetrie e calcolo superfici: funzionale alla determinazione delle consistenze delle unità immobiliari urbane a destinazione ordinaria sulla base della superficie al metro quadro, e non più del vano (come prevede il sistema catastale vigente). Il cambiamento era inserito nella riforma che si è arenata. L’Agenzia ha quasi terminato il lavoro, anche in vista della nuova Tares. Attenzione: Befera sottolinea che mancano informazioni sulle superfici di circa quattro milioni di unità, a causa soprattutto della mancanza dell’obbligo di presentazione delle planimetrie nel primo periodo di gestione del catasto edilizio urbano. Per questi immobili, l’Agenzia ha sviluppato una procedura informatica che assegna una superficie convenzionale sulla base di elaborazioni statistiche delle informazioni già presenti negli archivi, che però «potrà essere utilizzata per il calcolo dei nuovi estimi solo introducendo una specifica previsione normativa».
Richieste al legislatore
Befera ripercorre velocemente le caratteristiche della riforma che si è arenata a fine legislatura (leggi qui), sottolineandone l’obiettivo di «migliorare i livelli di equità, perequazione, trasparenza e qualità delle informazioni reddituali e patrimoniali nel settore immobiliare». E ha richiamato tre aspetti a cui porre particolare attenzione:
- il rapporto di collaborazione con i Comuni «è strategico e decisivo», e necessita di meccanismi normativi per risolvere problemi che possono insorgere a fronte di eventuali difficoltà al completamento delle attività richieste ai Comuni stessi.
- La specificità da adottare delle unità immobiliari di interesse storico artistico, rappresenta «una deviazione rispetto ai criteri generali di stima, che complica notevolmente il processo attuativo (richiedendo una stima diretta e puntuale per ciascuno di questi beni)». Si suggerisce di intervenire a valle sul sistema impositivo, riconoscendo particolari agevolazioni mediante deduzioni, detrazioni e/o aliquote ridotte.
- La norma di delega prevedeva che l’attuazione della riforma non avrebbe dovuto comportare oneri aggiuntivi sul bilancio dello Stato: «in realtà – spiega Befera – questa attività è assolutamente straordinaria e non può quindi essere svolta ricorrendo solamente alle attuali disponibilità di risorse, umane e finanziarie, dell’Agenzia».
di Attilio Befera sulla riforma catastale in Senato del 4 giugno 2013