La distribuzione di utili da parte delle Startup innovative è vietata anche in caso di ricorso a contratti di associazione in partecipazione, altrimenti si perde il requisito della sua denominazione e le relative agevolazioni: lo ha chiarito nei giorni scorsi l’Agenzia delle Entrate, con risposta ad interpello n. 334 del 21 giugno 2022. Vediamo di cosa si tratta.
Il contratto di associazione in partecipazione
L’associazione in partecipazione è una tipologia di contratto di lavoro in cui un’impresa (associante) attribuisce utili derivanti dal risultato di esercizio a un soggetto esterno (associato). L’associante ha diritto a gestire l’impresa, assumere obbligazioni e acquistare diritti verso terzi, mentre l’associato può solo monitorare il tutto attraverso rendiconti, e parteciperà al rischio d’impresa soltanto nei limitati dell’apporto economico fornito, in quanto non è socio ma è creditore.
La Riforma del Lavoro 2012 (L. 26 giugno 2012, n. 92, art. 1. Co. 28-30) ha escluso dalla fattispecie dei contratti di associazione in partecipazione quei rapporti che prevedono apporto di lavoro con una delle seguenti caratteristiche:
- mancanza di rendiconto,
- numero associati oltre tre unità (escluso consorte dell’associante, parenti entro il terzo grado e affini entro il secondo),
- mancanza di effettiva partecipazione al rischio d’impresa da parte dell’associato,
- prestazione fornita priva di significative competenze tecniche o capacità tecnico-pratiche come previsto dall’art. 69-bis, co. 2, lett. a), D.Lgs. 276/2003.
Fiscalità in base all’apporto degli associati
Dal punto di vista fiscale e contributivo, questa tipologia di contratto si differenzia in base a due aspetti: il tipo di apporto fornito e la natura giuridica dell’associato.
- Per le imposte sui redditi e sull’IRAP, nel caso in cui l’apporto sia di capitale misto, la remunerazione dell’associato viene parificata a un dividendo, mentre se l’apporto è di solo lavoro la remunerazione diventa un reddito assimilato a quello di lavoro autonomo.
- Per quanto riguarda l’IVA, il tributo va pagato sulla remunerazione nel caso in cui l’associato sia un soggetto passivo.
- Nel caso di beni immobili, imbarcazioni e natanti è necessario effettuare la registrazione ed applicare in misura proporzionale anche l’imposta di registro, prima dei 20 giorni dalla conclusione del contratto. Questa è proporzionale alla base imponibile del valore venale in comune commercio nel caso degli immobili, parametrata in base alla lunghezza nel caso di natanti e imbarcazioni. Per l’apporto di beni diversi è ugualmente necessaria la registrazione, per la quale si paga la somma fissa di 168 euro.
- Se l’associato fornisce un apporto con altri beni o con il solo lavoro, va pagata l’imposta in misura fissa e nel caso degli altri beni è anche obbligatoria la registrazione.
Se l’apporto dell’associato consiste in capitale misto, la remunerazione viene considerata reddito di capitale e viene tassato come gli utili derivanti da partecipazioni in società soggette a IRES. Per calcolare l’incidenza della tassazione è necessario considerare diverse variabili:
- se l’associato è persona fisica o società di persone, e il valore di quanto apportato non è relativo ad attività d’impresa e non supera il 5% del patrimonio netto contabile dell’associante nel caso di società quotate o il 25% per le altre società, sulla remunerazione è applicata ritenuta d’acconto del 20%;
- se l’associato è persona fisica o società di persone e l’apporto viene effettuato nell’attività d’impresa, la remunerazione entra nel calcolo della formazione del reddito per il 49,72%;
- se l’associato è società di capitali, la remunerazione andrà a costituire il reddito sociale per il 5%;
- se l’apporto consiste nella mera attività lavorativa, la remunerazione costituisce un reddito di lavoro autonomo e viene assoggettata a tassazione per la sua totalità;
- se l’associato è imprenditore, la remunerazione va a costituire reddito d’impresa.
Adempimenti per gli associati
Gli associati che non apportano solo lavoro e che non sono iscritti ad albi professionali devono essere iscritti alla Gestione separata INPS (l’associante è tenuto a trattenere la quota previdenziale da versare entro il giorno 16 del mese successivo a quello in cui è stato effettuato il pagamento, e inviare all’INPS i dati delle remunerazioni effettuate, utilizzando la procedura telematica UniEmens: la quota trattenuta diventa onere deducibile per l’associato, mentre all’associante spetta anche il compito di assicurare all’INAIL l’associato).
Deducibilità degli utili
Le somme agli associati sono deducibili solo se: il contratto di associazione in partecipazione risulti da un atto pubblico, da una scrittura privata autenticata o sia stato registrato; al suo interno venga specificato l’apporto; gli associati non siano familiari dell’associante come indicato dall’art. 60, D.P.R. 917/1986.
Se gli associati non esercitano abitualmente altre attività di lavoro autonomo, i compensi percepiti in virtù del contratto di associazione in partecipazione non vengono assoggettati a IVA. Il presupposto oggettivo prevede invece che l’apporto fornito non consti in beni la cui cessione non sia considerata tale ai fini IVA (ad esempio somme di denaro, azienda, terreno non edificabile).
Per quanto riguarda l’IRAP, le remunerazioni per apporti di capitale oltre che misti non sono deducibili, mentre le remunerazioni lo sono nel caso in cui l’associato sia imprenditore. Se si tratta di persona fisica o professionista, le remunerazioni, assumendo il valore di reddito di lavoro autonomo, non sono deducibili.
È necessario sottolineare che per l’associato imprenditore o lavoratore autonomo la remunerazione degli apporti di capitale o misti non è assoggettata a IRAP, mentre la retribuzione afferente ai rapporti di solo lavoro prestati da un associato impresa vengono assoggettati, mentre ancora se l’associato è un artista o professionista la remunerazione non è sottoposta a IRAP.
La preclusione per le Startup innovative
Tenuto conto del regime di tassazione agevolata alle Startup innovative, se tali imprese procedessero a corrispondere utili all’associato in partecipazione perderebbero i requisiti previsti dall’articolo 25, comma 2, del DL 179/2012, che alla lettera e) chiarisce senza ombra di dubbio che una startup innovativa “non distribuisce, e non ha distribuito, utili”.
Questo vincolo, aggiunge il Fisco nella sua risposta all’interpello 2022, è corroborato dal fatto che il divieto di distribuzione di utili è finalizzato all’investimento per la crescita dell’azienda e dunque, se invece di preferisse distribuire utili agli associati in partecipazione, si sottrarrebbero risorse e non si configurerebbe lo scenario per il quale è stato previsto il regime di “premialità” con le corrispondenti agevolazioni fiscali.