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Riforma del Lavoro: il contratto di inserimento

di Corinne Ciriello

Pubblicato 15 Febbraio 2013
Aggiornato 24 Giugno 2013 12:18

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Come cambia l'istituto del contratto di inserimento dopo l'entrata in vigore della Riforma del Lavoro del ministro Fornero.

La Riforma del Lavoro Fornero ha formalmente eliminato la figura del contratto di inserimento a far data dal 1° gennaio 2013, abrogando i corrispondenti articoli del D.Lgs. 276/03 (cd. Legge Biagi), individuando un periodo transitorio e disponendo, pertanto, che per le assunzioni effettuate fino al 31 dicembre 2012 continuassero ad applicarsi le precedenti disposizioni.

Tuttavia, l’abrogazione dell’istituto a partire dal 1° gennaio 2013 non elimina del tutto la necessità di operare

un attento controllo sui contratti di inserimento sottoscritti fino al 31 dicembre 2012, che conserveranno la loro validità fino alla scadenza naturale prevista nel contratto.

=> Leggi le nuove regole del contratto di inserimento

Riforma del Lavoro

La Riforma del Lavoro del ministro Fornero, a seguito dell’abrogazione di tale istituto, si è esposta a diverse critiche sul presupposto che il contratto di inserimento mirasse a favorire la ricollocazione di determinate categorie di lavoratori.

Tuttavia il legislatore, recependo l’esigenza di ridefinire la disciplina del contratto di formazione giudicata inadeguata, ha inteso eliminare una volta per tutte le ambivalenze riconducibili a tale forma contrattuale, privilegiando il ruolo del contratto di apprendistato, quale modalità di inserimento preferenziale per i giovani, e introducendo incentivi normativi e fiscali più generalizzati e con un ambito applicativo più mirato.

=> Leggi come cambia il contratto di apprendistato

In sostanza, in relazione ai contratti di inserimento ad oggi in essere che devono soddisfare il requisito di forma scritta richiesto dalla legge, è quanto mai opportuno verificarne attentamente il relativo contenuto in ordine alla necessità che siano specificati il termine minimo e massimo, alla rispondenza dei requisiti soggettivi richiesti da parte datoriale e da parte del lavoratore nonché al presupposto che il datore di lavoro abbia mantenuto in servizio il 60% dei lavoratori assunti con contratto di inserimento scaduti nei 18 mesi precedenti.

È inoltre auspicabile che il progetto individuale di inserimento sia specificamente indicato nel contratto e, qualora sia stato definito con un atto separato, sia individuato con precisione nel contratto e rigorosamente sottoscritto da entrambe le parti.

Nel progetto devono essere previste almeno le 16 ore di formazione teorica, previste dall’accordo interconfederale del 11.2.2004, nonché l’ulteriore monte ore di formazione eventualmente previsto dalla contrattazione di settore.

Va precisato che il contratto di inserimento ammetteva la possibilità di proroghe nel limite di durata massima prevista dalla legge (18 mesi in genere e 36 mesi per i soggetti affetti da grave handicap fisico, mentale o psichico). Tuttavia, l’abrogazione operata dalla Riforma Fornero porta ragionevolmente ad escludere la sussistenza della facoltà di ricorrere ad eventuali proroghe, ferma restando l’efficacia dei contratti di inserimento fino alla scadenza in essi prevista.

=> Vai alla Guida ai contratti di lavoro

Legge Biagi

Per quanto riguarda la storia del contratto di inserimento, questo era stato introdotto per il settore privato dalla Legge Biagi in sostituzione del contratto di formazione lavoro.

Si trattava di una peculiare ipotesi di contratto a termine rivolto ad alcune determinate tipologie di lavoratori che avessero particolari difficoltà ad inserirsi nel mercato del lavoro; la durata minima del contratto era di 9 mesi ed e la massima di 18 mesi (ovvero 36 mesi in caso di grave handicap fisico o psichico).

Per il contratto di inserimento era previsto un obbligo di forma scritta, pena la nullità.

La legge individuava in modo tassativo le categorie di lavoratori destinatari di tale tipologia contrattuale e cioè giovani tra i 18 e i 29 anni, disoccupati di lunga durata da 29 fino a 32 anni, lavoratori disoccupati con più di 50 anni, donne di qualunque età residenti in alcune zone del paese, lavoratori affetti da handicap fisico o mentale).

Altrettanto specifico e tassativo era l’elenco dei soggetti datoriali che potevano validamente accedere al contratto di inserimento, ossia enti pubblici economici, gruppi di imprese, associazioni professionali, fondazioni, enti di ricerca, associazioni di categoria.

Condizione per l’assunzione era la definizione di un progetto individuale di inserimento, che caratterizzava l’istituto in questione, e che aveva la precipua funzione normativa di “garantire l’adeguamento delle competenze professionali del lavoratore”, realizzando una sorta di ingresso guidato nel contesto lavorativo di riferimento, favorendo così l’inserimento o il reinserimento di soggetti deboli.

La Legge Biagi ha voluto privilegiare l’aspetto essenzialmente occupazionale di tale istituto, la cui vocazione formativa era particolarmente attenuata.

Sul punto, infatti, la Legge Biagi prevedeva la mera eventualità dell’aspetto formativo per il progetto di inserimento e, coerentemente, solo sanzioni pecuniarie in caso di “gravi inadempienze” nella realizzazione del progetto di cui fosse “esclusivamente responsabile il datore di lavoro”; tali assunti rendevano discutibile la sussistenza della possibilità di trasformazione del rapporto in un normale rapporto subordinato nel caso di insussistenza del progetto.

Non è stato, peraltro, decisivo l’apporto delle parti sociali che pure sul punto, in occasione dell’accordo interconfederale dell’11 febbraio 2004, avevano previsto che il progetto dovesse prevedere un minimo di 16 ore di formazione teorica, con la prospettiva di delegare la successiva contrattazione collettiva ad incrementare ulteriormente il numero di ore di formazione.

L’ambiguità di tale fattispecie contrattuale ha portato a differenze interpretative; alcuni le hanno attribuito un mero contenuto di orientamento e addestramento pratico mentre altri si sono riproposti di enfatizzarne gli obblighi di formazione e crescita professionale, con ripercussioni sull’aspetto causale, considerando quindi il contratto di inserimento tra quelli a causa mista, al pari del contratto di apprendistato.

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A cura dell’Avvocato Corinne Ciriello, socia fondatrice dello Studio Legale Associato Ciriello-Cozzi di Milano (www.ciriello-cozzi.it), si occupa prevalentemente della responsabilità civile, della contrattualistica, del diritto del condominio e del diritto del lavoro.