Le nuove norme per le Partite IVA introdotte dalla Riforma del Lavoro si applicano solo al settore privato: di conseguenza, le collaborazioni fra settore pubblico e professionisti a partita IVA non sono generalmente vincolate ai nuovi obblighi di trasformazione del contratto previsti dalla riforma.
Lo precisa una nota del ministero della Funzione Pubblica del 25 settembre 2012: un “Parere, alla Provincia di Bari, in merito a prestazioni professionali svolte nei confronti delle PA da parte di titolari di partita IVA“.
L’ente pubblico in questione, ha ottenuto un chiarimento sull’applicazione del comma 26 dell’articolo 1 della legge n. 92/2012, che prevede che le prestazioni lavorative dei titolari di partita IVA vengono considerate rapporti di collaborazione coordinata e continuativa (o in mancanza di progetto, contratti dipendenti a tempo indeterminato), qualora ricorrano almeno due dei seguenti presupposti:
- collaborazione superiore a otto mesi nell’anno solare,
- corrispettivo pari all’80% di quanto si percepisce in un anno,
- postazione fissa in azienda.
Leggi cosa cambia per le partite IVA con la Riforma del Lavoro
Esenti dalle disposizioni: le Partite IVA nei rapporti di lavoro con la PA, gli iscritti ad ordini professionali, i collaboratori con “competenze teoriche di grado elevato acquisite attraverso significativi percorsi formativi” o con “capacità tecnico-pratiche acquisite attraverso rilevanti esperienze maturate nell’esercizio concreto di attività”, i titolari di partita IVA con reddito annuo superiore ai 18mila euro.
La norma è in vigore per i contratti stipulati dal 18 luglio 2012, mentre per quelli precedenti sono stati concessi 12 mesi di tempo per adeguarsi (18 luglio del 2013).
Per approfondire vai allo Speciale Lavoro 2012 e leggi il Testo della Riforma.
Partite IVA e PA: la normativa
La nuove disposizione di cui al comma 26 dell’articolo 1, di fatto, è formulata attraverso l’introduzione di un articolo 69 bis al decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276. Si tratta della cosiddetta legge Biagi (approfondisci le leggi italiane sul lavoro), che stabilisce una specifica deroga per la PA, all’articolo 1, comma 2: «il presente decreto non trova applicazione per le pubbliche amministrazioni e per il loro personale».
E’ vero anche, spiega il ministero, che la stessa riforma del Lavoro, ai commi 7 e 8 dell’articolo 1, specifica le modalità di applicazione alla PA delle nuove norme: «le disposizioni della presente legge, per quanto da esse non espressamente previsto, costituiscono princìpi e criteri per la regolazione dei rapporti di lavoro dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni». Sarà il ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, «sentite le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche» a definire «anche mediante iniziative normative, gli ambiti, le modalità e i tempi di armonizzazione della disciplina relativa ai dipendenti delle amministrazioni pubbliche».
Tutto questo sembra significare che di fatto le norme della riforma del lavoro si applicano anche alla PA, secondo modalità decise dal ministero. Ma c’è un inghippo: il ministero fa notare che il testo parla di “rapporti di lavoro dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni“. Invece, la norma sulle partite IVA (leggi tutto) «non riguarda rapporti di lavoro dei dipendenti, ma prestazioni professionali e collaborazioni a progetto che rientrano nell’ambito del lavoro autonomo».
Pertanto, conclude il ministero, «considerato che le disposizioni sulle collaborazioni contenute nel citato decreto non contengono una previsione di immediata applicabilità nei confronti delle pubbliche amministrazioni, la relativa normativa riguarda solo i rapporti di lavoro fra privati».
E allora qual è la norma di riferimento per i titolari di partita IVA che collaborano con la PA? Resta valido quanto disposto dall’art. 7 del dlgs 165/2001, comma 6: «Per esigenze cui non possono far fronte con personale in servizio, le amministrazioni pubbliche possono conferire incarichi individuali, con contratti di lavoro autonomo, di natura occasionale o coordinata e continuativa, ad esperti di particolare e comprovata specializzazione anche universitaria», in presenza di determinati presupposti, fra cui l’aver preliminarmente accertato l’impossibilità di utilizzare risorse interne.
La nota del ministero ritiene anche che, in mancanza di altre disposizioni, gli eventuali contenziosi giudiziari a carico di amministrazioni pubbliche debbano tener conto del fatto che il nuovo regime probatorio previsto dalle normative sulle partite Iva (niente onere della prova, c’è la presunzione legale della trasformazione del contratto) non si applica alla PA.
Si legge nel parere: «per le collaborazioni con le pubblica amministrazione continua ad applicarsi il regime ordinario dell’onere della prova nel rito del lavoro».