Con l’obbligo del controllo della qualità delle prestazioni a tutela degli utenti – da certificarsi secondo la norma ISO 90000 – imposto dalla riforma sanitaria, e attraverso l’istituto dell’accreditamento, si è voluto introdurre una sorta di concorrenza amministrativa tra strutture pubbliche e private convenzionate.
Responsabilità dell’impresa sanitaria
In questo modo, si è realizzato anche nell’universo del sistema sanitario l’obiettivo dell’erogazione pluralistica dei servizi a favore della libertà di scelta dell’utente, in conformità alla riconosciuta realtà imprenditoriale della struttura ospedaliera.
Ciò, tuttavia, ha sollevato una ridda di critiche in merito alla risoluzione della problematica della “enterprise medical malpractice liability“, in quanto il pregresso inquadramento della responsabilità sanitaria all’interno dello schema dell’art. 2049 del Codice Civile appariva congruente con gli obblighi della rinnovata struttura sanitaria.
Dopo che la Giurisprudenza ha provveduto ad un’opera sistematica di disancoramento della responsabilità dell’impresa sanitaria dall’accertamento di quella del medico, si è giunti ad inquadrarla definitivamente all’interno della previsione dell’art. 1218 Codice Civile, considerandola fondata su di un rapporto contrattuale atipico ed autonomo intercorrente tra paziente e struttura sanitaria.
L’obbligo dell’azienda sanitaria è di fornire un’attività polivalente all’interno della quale, in un’ottica meramente imprenditoriale, deve garantire prestazioni rispetto alle quali l’intero apparato organizzativo si ponga come strumentale rispetto all’onere di adempimento. Tutto questo in virtù di una sorta di sottinteso “contratto sociale” che, in realtà, si modella su quella del contratto d’opera professionale.
Responsabilità sanitaria
Con la sentenza n. 577 dell’11 gennaio 2008, emessa dalle Sezioni Unite della Cassazione Civile, si è approdati ad un ulteriore traguardo nel panorama del contratto di spedalità: il coinvolgimento a titolo autonomo della struttura in termini di responsabilità, a prescindere da quella strettamente sanitaria. Sentenza ribadita dalla Cassazione civile, sez. III, con la sentenza 03.02.2012 n° 1620: la responsabilità della struttura ospedaliera, fondata sul “contatto sociale”, ha natura contrattuale.
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Inquadrare l’attività sanitaria delle PMI operanti nel settore significa interpretarle come strutture che mettono a disposizione degli utenti personale sanitario, medicinali e attrezzature. Questo vuol dire che dovranno rispondere autonomamente delle eventuali violazioni alla prestazione sanitaria anche per fatti imputabili a dipendenti e non e ad “ausiliari” ex art. 1228 Codice Civile, così che essa verrà coinvolta anche nelle ipotesi di non corretta esecuzione dell’attività di cura o in quella d’inefficiente organizzazione.
Rilevante a questo proposito la sentenza n.8826 del 2007, ove si fa riferimento al risultato “anomalo” (aggravamento dello stato morboso o insorgenza di nuova patologia) quale fonte di responsabilità, così come la cosiddetta “inalterazione” rispetto alla situazione precedente al ricovero (mancato miglioramento delle condizioni di salute): in entrambi i casi sono ravvisabili danni a carico del paziente.
Negligenza
Ordinariamente, l’inadempimento a seguito del quale potrà essere lamentato un danno sarà la conseguenza di una prestazione negligente da parte del professionista e/o della struttura sanitaria ai sensi dell’art. 1176 comma 2 codice civile, adeguata all’attività ed alle circostanze concrete. Vale anche in questo caso, però, il limite dell’inadempimento dovuto ad impedimento sopravvenuto non prevedibile né superabile con il normale sforzo diligente adeguato al tipo di prestazione oggetto dell’intervento chirurgico.
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Accettazione del rischio
La distinzione tra prestazione di facile esecuzione e quella che invece comporta problemi tecnici di particolare difficoltà è rilevante agli effetti della valutazione del grado di diligenza e/o colpa riferibile. Tuttavia, non incide in alcun modo sulla distribuzione dell’onere: paziente – creditore e medico/struttura sanitaria – debitore.
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Mentre al primo spetta l’obbligo di provare l’esistenza del contratto e l’inadempimento del sanitario, agli altri spetta quello di dimostrare che la prestazione è stata eseguita diligentemente, la particolare difficoltà della prestazione ed il fatto impeditivo occorso. Il rischio ricade quindi nella sua totalità da chi la esercita e, conseguentemente, dall’imprenditore ovvero dall’impesa sanitaria.
PMI sanitarie: principi cardine
Fondamentalmente, quindi, la rapida evoluzione giuridica in materia di attività imprenditoriale sanitaria ha portato a giungere all’affermazione di alcuni principi cardine che una PMI sanitaria deve tenere a mente:
- l’accettazione in una struttura, anche privata, di un paziente con finalità di prestazioni medico-ospedaliere comporta la conclusione del contratto di spedalità;
- la responsabilità della struttura prescinde dalla sussistenza di un vero e proprio rapporto di lavoro subordinato con il medico, fondandosi sul principio dell’accettazione del rischio;
- la responsabilità del medico dipendente dall’ente ospedaliero ha natura contrattuale, fondandosi sul c. d. “contratto sociale“;
- l’ente ospedaliero e il medico strutturato sono legati al paziente da un obbligo di risultato, secondo criteri e modelli del buon professionista;
- al paziente incombe l’onere probatorio di dimostrare la sussistenza del contratto e l’allegazione della difformità della prestazione ottenuta rispetto al modello di riferimento, mentre alla struttura/medico quello dell’intervenuta causa a sé non imputabile;
- la ravvisablità del caso “anomalo” ricorre non solo nell’ipotesi dell’aggravamento del pregresso stato morbile o dell’insorgenza di nuova patologia, ma anche in quello di inalterazione della situazione finale rispetto a quella antecedente all’intervento medico – chirurgico.