Con il termine “proprietà intellettuale” tradizionalmente viene indicato tutto il sistema giuridico di tutela di beni immateriali. Nel tempo questo concetto ha acquistato forte rilevanza economica, al punto da indurre il legislatore a valutarne con sempre maggiore attenzione il relativo fenomeno.
Il sistema protegge i frutti dell’attività creativa e dell’inventiva umana, genericamente inquadrati in tre grandi aree: il diritto d’autore, quello dei brevetti e, quello del diritto dei marchi.
Recentemente, tuttavia, il termine “proprietà intellettuale” è divenuto sempre più desueto, travolto dalle numerose critiche sollevate dalla constatazione che porterebbe ad una sovrapposizione impropria di concetti (quali quelli di opera d’ingegno, invenzione, marchio, brand, design o concorrenza) con altri più confacenti a quello classico di proprietà (quale quello di “beni materiali” di derivazione squisitamente romanistica). Quando si voglia fare riferimento a quella “intellettuale”, quindi, è apparso più opportuno propendere per l’uso di “proprietà industriale“.
Il nuovo assetto normativo si è uniformato a tale tendenza mediante il Decreto Legislativo n.30 del 2005, che passa sotto la rubricella “Codice della proprietà industriale”.
Tale Testo Unico raccoglie al suo interno tutte le norme attinenti al campo dei brevetti e dei marchi, ad esclusione del diritto d’autore che fa capo alla Legge n.633 del 1941, così come modificato ed adeguato successivamente.
Resta comunque pacifico come gli istituti di diritto sostanziale siano di fatto assimilati, in virtù dell’unificazione di quelli processuali relativi alla proprietà industriale ed alla intellettuale che, se poco di diverso hanno nei paesi anglosassoni ove brevetti modelli marchi ed altre similari privative rientrano di fatto nella medesima categoria, in Italia hanno distinte identità.
Ivi, ai creatori ed agli inventori, viene attribuita l’esclusiva relativamente allo sfruttamento del frutto dei loro sforzi creativi, fornendo loro anche gli strumenti giuridici per tutelarsi da abusi ad opera di terzi.
Qualora l’inventiva e la capacità di creare divengano motore dello sviluppo economico sostenibile della competitività delle imprese, ovviamente consegue la necessità di implementare attività di ricerca efficaci e mirate che comportino, anche, il miglioramento del contesto sociale nel quale si opera.
È superfluo sottolineare come le imprese, nel momento in cui abbiano la possibilità di recuperare gli investimenti devoluti per attuare tale progetto – sia mediante la produzione diretta sia attraverso un’utilizzazione alternativa del titolo brevettuale – siano maggiormente incentivate ad impegnarsi e ad operare con più entusiasmo.
D’altronde la possibilità di una tutela adeguatamente forte del proprio marchio, implica anche una maggiore visibilità dell’impresa a livello nazionale e internazionale, contribuendo fattivamente a mantenere le proprie quote di mercato e divenendo un valido strumento di promozione di idee creative ed innovative.
Considerando il recente riconoscimento della realtà della Pmi anche a livello internazionale, appare evidente come la tutela e l’incentivazione della proprietà intellettuale abbia, ai giorni nostri, una rilevanza non di secondo piano e come sia di vitale importanza che anche le istituzioni, cogliendo la pregnanza delle implicazioni economiche nel più ampio quadro dell’economia comunitaria, debbano fattivamente attivarsi in una campagna progresso “ad hoc”.
Vale, quindi, segnalare ciò che meritoriamente sta attuando nel settore la Provincia di Pisa.
Proseguendo nel filone di intervento diretto a stimolare le imprese locali a tutelare anche all’estero le innovazioni introdotte nei propri prodotti e processi, la Camera di Commercio di Pisa ha pensato di emettere un bando al fine di sostenere le Pmi del proprio comprensorio che abbiano attivato un processo volto all’ottenimento di un brevetto europeo, internazionale o estero, oppure una registrazione di modelli e disegni.
L’intervento – consistente in un contributo in conto capitale pari al 50% delle spese sostenute e comunque non superiore a 3mila euro oneri fiscali e previdenziali esclusi – è diretto in favore delle Piccole e Medie Imprese così come individuate dalla normativa comunitaria recepita a livello nazionale con Decreto Ministeriale 18 aprile 2005: per Piccole Imprese si intendono quelle con meno di 50 occupati e con fatturato annuo o totale di bilancio annuo non superiore a 10 mln di euro, mentre per Medie Imprese quelle con meno di 250 occupati e fatturato annuo non superiore a 50 mln di euro o bilancio annuo inferiore a 43 mln di euro.
Il contributo – per accedere al quale si può presentare domanda entro il 30 novembre 2008, viene corrisposto in regime “de minimis” ai sensi del regolamento CE n.1998 del 15 dicembre 2006 (GUCE L.379 del 28 dicembre 2006).
Al di là del caso concreto, al quale potrebbero essere interessati i lettori della Provincia di Pisa, rimane la considerazione che iniziative di questo tipo sono più che lodevoli sotto molteplici aspetti, e sarebbero auspicabili anche altre in realtà locali, in quanto altamente motivanti per gli operatori del settore e di particolare utilità per dare visibilità europea anche alla produzione nazionale.