Parlare di marchio in azienda, significa individuare preventivamente la sua natura giuridica. Secondo l’articolo 7, sezione I Capo II del Codice della Proprietà Industriale, possono costituire oggetto di registrazione:
«Tutti i segni suscettibili di essere rappresentati graficamente, in particolare le parole, compresi i nomi di persone, i disegni, le lettere, le cifre, i suoni, la forma del prodotto o della confezione di esso, le combinazioni o le tonalità cromatiche, purché siano atti a distinguere i prodotti o i servizi di un’impresa da quelli di altre imprese».
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Marchio: definizione
Nel linguaggio comune, il segno è qualsiasi cosa che serva a far riconoscere.Non tutti i segni, però, possono costituire oggetto di marchio.Ai sensi dell’articolo 7, infatti, costituiscono marchi tutti quei segni che siano suscettibili di essere rappresentati graficamente, purché nuovi e capaci di distinguere i prodotti o i servizi di un operatore economico da quelli degli altri.
Come abbiamo visto, la norma reca poi al suo interno un’indicazione di ciò che può essere considerato giuridicamente segno, ossia: parole (compresi nomi di persona), disegni (compresi ritratti), lettere e numeri, suoni, forma del prodotto o della confezione, combinazioni o tonalità cromatiche.
Marchi deboli
Quando i marchi sono costituiti da lettere dell’alfabeto o da sigle, la giurisprudenza ritiene che questi – seppur tutelabili in relazione alla loro peculiare funzione – debbano in ogni caso considerarsi segni deboli (ovvero marchi deboli), poiché a basso grado di originalità, e che a tale limitata originalità corrisponda, inevitabilmente, una tutela di intensità inferiore.
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Indipendentemente dalle lettere utilizzate, un marchio costituito da sigle o parole trae la propria validità non dalla sequenza delle lettere ma dalla particolare forma grafica con cui queste vengono riprodotte: l’elemento letterale, dunque, tende ad essere marginale mentre l’attenzione va indirizzata alla forma grafica.
L’articolo 8 regola poi il caso in cui oggetto di registrazione siano segni consistenti in ritratti (il cui uso è vietato salvo l’autorizzazione dell’interessato), nel nome di una persona diversa da quella che chiede la registrazione, ovvero in un segno notorio.
Nomi di persona
Partendo dal secondo comma dell’articolo 8 è possibile ricostruire la disciplina dell’impiego dei nomi di persona. Le ipotesi sono due:
- la prima è il caso in cui un soggetto decida di impiegare nel marchio il proprio nome. In tale ipotesi, la legge richiede che il nome non sia oggetto di altri segni distintivi preesistenti e che non possa essere annoverato quale segno notorio;
- nel caso in cui il nome prescelto dal soggetto sia diverso dal proprio, oltre il rispetto delle condizione sopra indicate, è necessario che l’impiego del marchio non sia tale dal ledere la fama, il credito o il decoro di chi ha il diritto di portare tale nome.
Stabilire quando si verifica tale lesione è una questione essenzialmente interpretativa. Ad esempio, si potrà ritenere che l’altrui nome non possa essere registrato come marchio quando, come tale, serva a designare un prodotto di natura vile, volgare, poco decoroso, indecente. O quando, essendo il nome inserito all’interno di un marchio complesso, tale contesto sia caratterizzato da figurazioni frivole o antiestetiche, o da motti o frasi non confacenti con la dignità del titolare del nome.
Altro problema che si pone nel caso di marchi consistenti da nomi di persone è quello connesso alla posizione degli altri individui con lo stesso nome oggetto di esclusiva. Il Codice acconsente che chi abbia diritto al nome possa continuare ad usarlo nella ditta da lui prescelta, sempre che il suo utilizzo non possa creare situazioni di confusione. In altre parole, la norma permette di usare il proprio nome ma in un contesto di elementi tali a differenziarlo dal marchio anteriore depositato.
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Marchio Nuovo
L’articolo 12 reca la disciplina del requisito della novità. Un marchio è nuovo quando, in relazione ai prodotti ai quali è destinato oppure con riferimento a quelli ad essi affini, non è confondibile – neppure nella forma – agli altri segni distintivi eventualmente esistenti. Non sarà nuovo, peraltro, anche se in assenza di un rischio di confusione, il marchio identico ad uno precedente che sia destinato ad essere impiegato con riferimento a prodotti identici.
Capacità distintiva
L’articolo 13 accorpa le disposizioni concernenti i profili della capacità distintiva. Un segno ha capacità distintiva (ovvero è originale) quando esso è idoneo a distinguere un prodotto o un servizio da quelli di altri imprenditori.
Non possono costituire oggetto di registrazione, pertanto, i segni costituiti dalle denominazioni generiche di prodotto o servizi o da indicazioni descrittive che ad essi si riferiscono, come i segni necessari a designare specie, qualità, quantità, destinazione, valore, provenienza geografica o epoca di fabbricazione del prodotto o della prestazione del servizio, oppure altre caratteristiche del prodotto o servizio.
In altre parole, se tra il segno e il prodotto/servizio è possibile ravvisare un nesso semantico che rappresenti esclusivamente una semplice descrizione dello stesso (oppure di una loro qualità) da parte del marchio (ad esempio, uso della parola latte come marchio per il latte), deve ritenersi che esso sia privo della capacità distintiva. Quando il segno, pur avendo una valenza descrittiva del prodotto/servizio, presenti anche degli elementi ulteriori (aggiunta di parole alla denominazione generica, un peculiare contesto grafico nel quale essa viene riprodotta), potrà essere registrato come marchio: in questo caso la sua tutela verrà riconosciuta esclusivamente con riferimento alle peculiari caratteristiche impiegate nell’arricchimento della parte descrittiva di esso.
Il marchio, in questo caso, è detto debole. Un marchio debole è comunque valido, ma ad esso viene riconosciuto un livello di tutela inferiore rispetto agli altri marchi (cosiddetti forti). In concreto, questo si traduce in una maggiore tolleranza dei giudici nel giudizio di contraffazione. In presenza di marchi deboli si tende a limitare la tutela alle ipotesi in cui i terzi riproducano il marchio pure nelle peculiari caratteristiche impiegate nell’arricchimento della parte descritta di esso.
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La forza di un marchio dipende dunque dalla sua capacità distintiva. In particolare, un marchio sarà tanto più forte (e tutelato) quanto meno descrive il prodotto/servizio contraddistinto.
Può anche accadere che un segno privo di capacità distintiva lo acquisti successivamente. Questo fenomeno, conosciuto anche con il nome di secondary meaning, si verifica quando un segno in origine privo di capacità distintiva rispetto ad un determinato prodotto o servizio assume per i consumatori – con il tempo e in virtù dell’uso che viene fatto sul mercato – un significato ulteriore e specifico, tanto da essere associato (anche o esclusivamente) al prodotto/servizio.
Titolare marchio: i diritti
I diritti attribuiti al titolare del marchio sono conferiti con la registrazione dello stesso; gli effetti decorrono dalla data di deposito della domanda e la registrazione, salvo rinnovo, dura dieci anni dalla data di deposito della stessa.
I diritti del titolare del marchio d’impresa consistono nella facoltà di fare uso esclusivo dello stesso. Egli, in particolare, può vietare a terzi di usare nell’attività economica:
- un segno identico al marchio registrato per prodotti o servizi identici a quelli per cui esso è registrato;
- un segno identico o simile al marchio registrato, per prodotto o servizi identici o affini, se a causa dell’identità o somiglianza tra i segni e dell’identità o affinità tra i prodotti o servizi, possa determinarsi un rischio di confusione per il pubblico, che può consistere anche in un rischio di associazione tra i due segni;
- un segno identico o simile al marchio registrato per prodotto o servizi anche non affini, se il marchio goda nello Stato di rinomanza e se l’uso del segno senza giusto motivo consente di trarre indebitamente vantaggio dal carattere distintivo o dalla rinomanza del marchio o reca pregiudizio agli stessi.
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In ogni modo, i diritti conseguenti da marchi d’impresa non permettono al loro titolare di vietare a terzi l’uso nell’attività economica:
- del loro nome ed indirizzo;
- delle indicazioni relative alla specie, alla qualità, alla quantità, alla destinazione, al valore, alla provenienza geografica, all’epoca di fabbricazione del prodotto o di prestazione del servizio o ad altre caratteristiche del prodotto o del servizio;
- del marchio d’impresa se esso è necessario per indicare la destinazione di un prodotto o servizio, in particolare come accessori o pezzi di ricambio purché l’uso sia conforme ai principi della correttezza professionale.