Contributo di solidarietà
Il contributo di solidarietà era stato previsto dalla manovra finanziaria di Ferragosto, poi sembrava destinato a saltare in fase di emendamenti e alla fine è stato inserito nel maxi-emendamento riveduto e corretto: scatta sulla parte ecdcedente i redditi oltre i 300mila euro nella misura del al 3% (precedentemente riguardava i redditi superiori ai 90mila euro con un prelievo del 5%, che saliva al 10% per la parte superiore ai 150mila euro).
per gli stipendi dei dipendenti pubblici e per le pensioni d’oro restano in vigore i tagli previsti dalle versioni precedenti della manovra finanzia (quella dell’anno scorso per i dipendenti pubblici e quella di luglio per le pensioni). In entrambi i casi l’aliquota è del 5% sopra i 90mila euro e del 10% sopra i 150mila.
Si calcola che il contributo di solidarietà, che si applica nel 2012 e nel 2013, riguardi una platea di circa 34mila contribuenti (il 53% dipendenti del settore privato, l’8,5% dipendenti pubblici e il 34% lavoratori autonomi), per un gettito intorno ai 200 milioni di euro.
Tagli su redditi e indennità dei parlmentari
Le indennità dei parlamentari vengono tagliate del 10% sopra i 90mila euro e del 20% oltre i 150mila euro, ma solo per tre anni: dal 2011 al 2013. Era invece previsto che il taglio fosse permanente. Ma non è l’unico sconto che i parlamentari si sono regalati: dal testo definitivo è sparita l’ipotesi di dimezzare le indennità di deputati e senatori che continuano anche a svolgere altri lavori. La norma severa sull’incompatibilità degli incarichi, infatti, è stata sostituita con una ben più leggera riduzione del 20% sopra i 90mila euro e del 40% sopra i 150mila sul reddito complessivo. Tra l’altro, la carica parlamentare non è più incompatibile con tutti gli altri incarichi pubblici ma solo con quelli in enti locali superiori ai 5mila abitanti e per le cariche non elettive. Tanto per dire, un deputato o un senatore può continuare a fare il sindaco di un piccolo comune o l’assessore in qualsiasi amministrazione locale.
TFR, tredicesima e festività
In tema di retribuzioni, vale la pena di sottolinea che sono saltate le norme che prevedevano il differimento della tredicesima per i dipendenti pubblici, che quindi resta salva.
Resta invece lo slittamento di due anni del pagamento della liquidazione ai dipendenti pubblici che vanno in pensione anticipata.
Infine, si salvano dall’accorpamento delle festività non religiose il primo maggio, il 25 aprile e il 2 giugno.
Riforma pensioni
Anche in tema di riforma delle pensioni, al termine di una girandola di proposte avanzate e rientrate, il testo finale della manovra finanziaria prevede l’anticipo al 2014 per l’entrata in vigore dei 65 anni per l’età pensionabile delle donne nel settore privato. Il provvedimento prevede degli scaglioni (a pieno regime nel 2026): si parte nel 2014 con l’aumento dell’età minima di un mese (quindi 60 anni e un mese), si procede con due mesi nel 2015, tre nel 2016 e così via fino al 2020, da quando invece gli scatti diventano semestrali.
Questa norma ha effetto sul lungo periodo, ma non porta gettito in tempi brevi. I primi risparmi si realizzano nel 2014, per un totale di 112 milioni.
Contratti aziendali e licenziamenti
Una delle norme più contestate, contenuta nell’ormai famoso articolo 8 della manovra finanziaria, ed è stata confermata dal testo finale. Prevede che si possano stipulare contratti di lavoro aziendali, in deroga a quelli nazionali e alle leggi, anche in materia di licenziamenti.
Questo significa che viene messo in discussione l’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori che tutela i dipendenti delle aziende con più di 15 dipendenti. La norma prevede che i contratti aziendali vadano controfirmati da sindacati rappresentativi a livello nazionale. Restano escluse dalla possibilità di deroga le donne in maternità.
L’articolo 8 è stato, fra le altre cose, al centro della piattaforma dello sciopero generale indetto il 6 settembre dalla Cgil contro la manovra finanziaria bis. Il sindacato minaccia di ricorrere alla Corte Costituzionale.