Per definire le nuove regole sul controllo a distanza dei dipendenti (anche su pc e smartphone) previste dal Jobs Act, i sindacati parlano di “Grande fratello” (Susanna Camusso) o “Porcellum dei lavoratori” (Maurizio Landini) mentre il Governo difende il provvedimento (nessuna liberalizzazione: norma in linea con il Garante Privacy). Gli esperti di Diritto del Lavoro avanzano tuttavia pareri più articolati. Vediamo dunque le diverse posizioni, analizzando pro e contro della nuova disciplina, contenuta nel decreto attuativo del Jobs Act (semplificazione degli adempimenti) approvato in prima lettura dal Cd; dell’11 giugno 2015.
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Il decreto riscrive l’articolo 4 dello Statuto dei Lavoratori, allargando le maglie dei controlli a distanza: meno paletti all’installazione di telecamere e dispositivi di controllo, nessun limite al monitoraggio su computer e smartphone aziendali utilizzati dai dipendenti.
Critiche dei sindacati
Susanna Camusso (Cgil):
«è uno spionaggio nei confronti dei lavoratori. Se uno viene autorizzato a entrare nei mezzi di comunicazione che usano le persone, è difficile non definirlo Grande Fratello». La Cgil ritiene che ci sia «un abuso rispetto alle norme sulla privacy delle persone» e si dichiara «pronta a intervenire»: «inizieremo dalle commissioni, sentiremo le authority, valuteremo ricorsi giudiziari, continueremo la mobilitazione e soprattutto la contrattazione».
Maurizio Landini (Fiom):
«il Jobs Act è il Porcellum dei lavoratori. Siamo di fronte a una logica folle che sta togliendo qualsiasi dignità nel lavoro dando mano libera alle imprese». La norma rappresenta «una violazione della privacy, e il governo utilizza il problema delle tecnologie per attaccare i lavoratori».
Annamaria Furlan (Cisl):
le novità «creano inquietudine. Va fatta chiarezza. La sfera personale, individuale delle persone e la propria serenità sono un aspetto molto delicato. Ci sono esigenze delle aziende, ma la contrattazione sa ben distinguere». Il numero uno Uil Carmelo Barbagallo ritiene la norma «l’ennesimo strumento di un neoliberismo dalla faccia buona, ma non meno sfrenato di quello antico», e aggiunge: «valutereno insieme a Cgil e Cisl quali strade percorrere per far modificare questa norma».
Difesa del Governo
Il Ministero del Lavoro difende la norma contenuta nel decreto, spiegando che si tratta di un adeguamento dello Statuto dei Lavoratori alle innovazioni tecnologiche, specificando che non liberalizza i controlli ma
«si limita a fare chiarezza circa il concetto di strumenti di controllo a distanza ed i limiti di utilizzabilità dei dati raccolti attraverso questi strumenti, in linea con le indicazioni che il Garante della Privacy ha fornito negli ultimi anni e, in particolare, con le linee guida del 2007 sull’utilizzo della posta elettronica e di Internet».
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Per il controllo degli strumenti elettronici di lavoro come pc, smartphone e tablet eventualmente forniti dall’azienda, non serve alcun accordo sindacale (come è invece previsto per l’installazione di telecamere o di altri strumenti simili). Se però lo strumento di lavoro:
«viene modificato (ad esempio, con l’istallazione di appositi software di localizzazione o filtraggio) per controllare il lavoratore, si fuoriesce dall’ambito della disposizione» perché «da strumento che serve al lavoratore per rendere la prestazione il pc, il tablet o il cellulare divengono strumenti che servono al datore per controllarne la prestazione» e di conseguenza in questi casi devono intervenire i paletti relativi agli strumenti di controllo: ricorrenza di particolari esigenze, l’accordo sindacale o l’autorizzazione.
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Fra l’altro, conclude il dicastero guidato da Giuliano Poletti, la norma impone che «al lavoratore venga data adeguata informazione circa l’esistenza e le modalità d’uso delle apparecchiature di controllo». Le modalità di effettuazione dei controlli non potranno mai avvenire in contrasto con quanto previsto dal Codice Privacy.
«Qualora il lavoratore non sia adeguatamente informato dell’esistenza e delle modalità d’uso delle apparecchiature di controllo e delle modalità di effettuazione dei controlli dal nuovo articolo 4 discende che i dati raccolti non sono utilizzabili a nessun fine, nemmeno a fini disciplinari».
Parere degli esperti
Secondo Vincenzo Ferrante, professore di diritto del Lavoro dell’Università Cattolica di Milano, «la riforma dell’articolo 4 dello Statuto dei Lavoratori è la norma più innocua e logica all’interno dell’impianto del Jobs Act», che si limita ad aggiornare uno strumento di 45 anni fa. Secondo l’esperto, per i lavoratori in realtà non cambia molto, l’azienda può utilizzare dispositivi di controllo solo per motivi di sicurezza, e previo accordo sindacale, come prima.
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Fra le questioni più dibattute, quelle relative al possibile controllo dell’email aziendale. Qui non c’è nulla di specifico nel decreto del Governo: restano valide le regole del Garante Privacy, che vietano controlli sistematici sul contenuto delle mail, e impongono comunque al datore di lavoro di informare il dipendente sugli strumenti eventualmente attivati.