Il contribuente che non presenta la dichiarazione dei redditi integrativa per correggere un errore precedentemente commesso non può portare in compensazione un credito IVA relativo all’anno precedente ma deve, eventualmente, chiederlo a rimborso presentando apposita istanza. Intanto il Fisco può intervenire per recuperare l’eventuale maggiore imposta. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione con sentenza 7223/2015.
Il caso riguarda il ricorso di un’impresa contro l’Agenzia delle Entrate che chiedeva la maggior IVA dovuta in base a un controllo sulla dichiarazione dei redditi 2013 (relativa all’anno di imposta 2012), nella quale erano stati inseriti dati erronei in materia di credito d’imposta e utilizzo degli stessi in compensazione. Secondo l’impresa, si era trattato di errori meramente formali, che non richiedevano una successiva dichiarazione integrativa di rettifica.
La Cassazione in realtà ha stabilito che gli errori in questione non fossero solo formali, avendo comportato un’inesatta indicazione dei crediti d’imposta da cui derivava un debito IVA inferiore al dovuto. Quindi, il contribuente avrebbe dovuto fare la dichiarazione integrativa, entro il quarto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione (come previsto dal comma 8 dell’articolo 2 del Dpr 322/1998). Ai fini poi della detrazione, se però il contribuente intende rettificare l’importo imponibile in diminuzione, deve farlo entro il termine per la presentazione del periodo d’imposta successivo (qui il riferimento normativo è il successivo comma 8-bis dello stesso articolo 2 del Dpr 322/98).
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Nel caso in oggetto non è stata fatta nessuna di queste due cose. Fra l’altro, in mancanza di dichiarazione integrativa nei tempi previsti, in base all’articolo 19, comma 1, del Dpr 633/1972, non è possibile la compensazione crediti, ma il credito può solo essere ammesso a rimborso, previa presentazione di apposita istanza. (Fonte: sentenza Cassazione 7223/2015).