Il falso in bilancio torna ad essere un reato penale per tutte le imprese, non solo per quelle quotate in borsa, sulle quali comunque c’è una stretta: lo prevede il disegno di legge anticorruzione, approvato dal Senato nella seduta del primo aprile 2015, che ora passa alla Camera. La reclusione per le società quotate in base al testo approvato va da tre a otto anni (oggi è fra i sei mesi e i tre anni), mentre per le aziende non quotate va da uno a cinque anni (oggi va fino a due anni, ma ci sono una serie di casi di esclusione che sono stati cancellati). Cè anche un inasprimento delle sanzini amministrative. Vediamo con precisione.
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Società non quotate
E’ la situazione che nella maggioranza dei casi riguarda le PMI. Il disegno di legge anticorruzione votato dal Senato prevede che il reato di falso in bilancio sia d’ora in poi sempre punito con pene detentive, che come detto possono andare da uno a otto anni. In base alla norma attualmente in vigore, invece, la reclusione è fino a un massimo di due anni, ed è esclusa se falsità e omissioni non alterano in modo sensibile la rappresentazione della situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società o del gruppo al quale appartiene, oppure se determinano una variazione del risultato economico, al loro delle imposte, non superiore al 5%, o del patrimonio netto non superiore all’1%, o ancora se sono conseguenza di valutazioni estimative che, singolarmente considerate, differiscono in misura non superirore al 10% da quella corretta. In questi casi, scatta una sanzione amministrativa (da uno a cento quote), l’interdizione dagli uffici direttivi da sei mesi a tre anni, e da una serie di cariche societarie (come amministratori, sindaci, liquidatori, dirigenti con funzioni anche contabili).
In pratica, il ddl anticorruzione va a modificare l’articolo 2621 del codice civile, relativo alle false comunicazioni sociali, sostituendolo nel seguente modo:
fuori dai casi previsti dall’articolo 2622, gli amministratori, i direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, i sindaci e i liquidatori, i quali, al fine di conseguire per sé o per altri un ingiusto profitto, nei bilanci, nelle relazioni o nelle altre comunicazioni sociali dirette ai soci o al pubblico, previste dalla legge, consapevolmente espongono fatti materiali rilevanti non rispondenti al vero ovvero omettono fatti materiali rilevanti la cui comunicazione è imposta dalla legge sulla situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società o del gruppo al quale la stessa appartiene, in modo concretamente idoneo ad indurre altri in errore, sono puniti con la pena della reclusione da uno a cinque anni.La stessa pena si applica anche se le falsità o le omissioni riguardano beni posseduti o amministrati dalla società per conto di terzi.
Ci sono però casi in cui anche il Ddl anticorruzione prevede pene ridotte per il reato di falso in bilancio: se i fatti sono di lieve entità la pena è ridotta da sei mesi a tre anni. La lieve entità viene valutata dal giudice, in base alla natura e alle dimensioni della società e alle modalità o gli effetti della condotta dolosa. La stessa pena ridotta da sei mesi a tre anni si applica alle piccole imprese che non superano i limiti indicati dal secondo comma dell’articolo 1 del codice fallimentare (regio decreto 267/1942). In questo caso, il reato è perseguibile a querela di parte (della società, dei soci, dei creditori o degli altri destinatari della comunicazione sociale), e non d’ufficio. Vengono anche inasprite le sanzioni: da 200 a 400 quote, invece dei 100-150 attuali. Se il falso in bilancio è di lieve entità, la sanzioni amministrativa è compresa nella forchetta da cento a duecento quote.
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Società quotate
Il citato articolo 2622 del codice civile riguarda invece le società quotate, e anch’esso viene modificato, aumentando la pena. La normativa attualmente in vigore prevede una detenzione da sei mesi a tre anni, il ddl anticorruzione la alza da tre a otto anni. Alle società quotate sono equiparate: le società emittenti strumenti finanziari per i quali è stata presentata una richiesta di ammissione alla negoziazione in un mercato regolamentato italiano o di altro Paese dell’Unione europea, le emittenti strumenti finanziari ammessi alla negoziazione in un sistema multilaterale di negoziazione italiano, le società che controllano società emittenti strumenti finanziari ammessi alla negoziazione in un mercato regolamentato italiano o di altro Paese dell’Unione europea, e le società che fanno appello al pubblico risparmio o che comunque lo gestiscono.
Quanto alle sanzioni, passano da 400 a 600 quote (dalle attuali 150-330). (Fonte: il testo del Ddl anticorruzione approvato al Senato)