Il Governo vuole l’approvazione del Jobs Act in tempi brevi per l’entrata in vigore della Riforma del Lavoro dal 1 gennaio 2015: anche se saranno necessari i decreti attuativi, la maggioranza sta intanto definendo un accordo sul testo del Ddl Delega per evitare di imporre il voto di fiducia. Il Jobs Act è a Montecitorio in seconda lettura e, se venisse approvato con modifiche rispetto al testo approvato al Senato, dovrebbe tornare a Palazzo Madama per l’approvazione definitiva, pericolo che Renzi vuole scongiurare accordandosi sui punti più critici.
=> Jobs Act, il Ddl Riforma Lavoro punto per punto
Ipotesi fiducia
Nel caso in cui i tempi si allungassero, il Governo è pronto ad attivare tutti gli strumenti del caso, fiducia compresa: c’è la necessità di chiudere in tempi certi, ha dichiarato il ministro per le Riforme, Maria Elena Boschi. Detto questo, «ancora è prematuro» parlare di fiducia, «bisogna prima terminare il lavoro in commissione e vedere quanti emendamenti saranno presentati per l’aula». Dunque, occhi puntati sulle votazioni, da concludersi entro il 21 novembre con l’obiettivo di far approvare la Delega Lavoro in aula alla Camera entro il 26 novembre.
=> Riforma del Lavoro: indeterminato per vecchi e nuovi assunti
Tutele crescenti da gennaio
La stretta sui tempi riguarda anche l’entrata in vigore del nuovo contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti. Lo ha dichiarato il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, a margine di un convegno:
«Il contratto a tutele crescenti è il primo obiettivo che vogliamo portare in porto per fine anno, per fare in modo che a gennaio le imprese e i lavoratori possano utilizzare le scelte che abbiamo fatto nella legge di Stabilità di riduzione del costo di modo che la percentuale di contratti a tempo indeterminato cresca in maniera importante».
Per far partire il nuovo contratto da gennaio, servirebbe approvare entro fine anno anche il relativo decreto attuativo. Il testo della Delega concede comunque tempo al Governo fino all’estate 2015 (comma 7, articolo 1).
Accordo sui licenziamenti
Il Jobs Act in discussione alla Camera dovrà contenere un nuovo testo organico e semplificato delle tipologie contrattuali e dei rapporti di lavoro, introducendo il nuovo tempo indeterminato. Il nodo dei contratti da abolire è uno dei più controversi , anche all’interno della stessa maggioranza, portandosi dietro il dibattito sull’Articolo 18 (da sopprimere o conservare dopo i primi anni di assunzione) in materia di licenziamenti. Al centro della mediazione, l’accordo sembra consolidarsi sulla proposta Renzi, espressa in sede di direzione del Partito Democratico: l’Articolo 18 resta dopo i primi tre anni di contratto anche per i licenziamenti disciplinari, si conferma anche per quelli discriminatori mentre invece è un’indennità al posto della reintegra per quelli economici, crescente in base all’anzianità. Nei licenziamenti disciplinari, il reintegro rimarrebbe però in un limitato numero di casi (“licenziamenti disciplinari per un motivo dichiarato da un giudice nullo o inesistente”).
Le altre modifiche, poco sostanziali, riguarderebbero i controlli a distanza (riferimento si solo apparecchi tecnologici e non alle persone) ed un rinnovato impegno a ridurre le formule di contratto precario.