«Sarebbe bello che il TFR sia in busta paga dal prossimo anno» ha dichiarato il premier, Matteo Renzi, fermo nel suo intento nonostante il parere negativo di Confindustria, che si accorda all’allarme liquidità per le PMI. Per rassicurare le imprese, il Governo ha in serbo una proposta concreta che tiene conto dei punti critici segnalati, a partire dall’esborso per i datori di lavoro, e che garantisce a tutti solo vantaggi, coinvolgendo tanto i lavoratori del settore privato quanto quelli del pubblico.
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Fondo TFR: la proposta Renzi
Il meccanismo previsto non comporta oneri aggiuntivi per le aziende, perché passa attraverso l’istituzione di un Fondo anticipo TFR (FATFR) che assicurerebbe alle imprese la liquidità necessaria per anticipare la liquidazione parziale del Trattamento di Fine Rapporto. I tecnici di Palazzo Chigi hanno previsto che il Fondo sia costituito da banche e CdP oppure soltanto dalle banche tramite un accordo con l’ABI: erogherebbero un prestito di pari importo a quello del TFR da anticipare con la garanzia della CdP (abbandonata quindi l’ipotesi di ricorso ai fondi BCE). Le aziende continuerebbero così a:
“operare come oggi senza alcuna modifica né nei loro costi né nell’esborso finanziario, versando (come prevede l’attuale normativa) il TFR all’INPS (imprese con più di 50 addetti) o ad un fondo integrativo, o seguitandolo ad accantonare in bilancio (imprese con meno di 50 addetti)”.
La nuova proposta – si parla di una bozza di otto pagine – avrebbe effetti positivi su redditi, consumi e finanza pubblica: per i datori di lavoro si tratterebbe solo di un’anticipazione di credito già maturato dai lavoratori; per lo Stato vorrebbe dire da 1,7 a 5,6 miliardi di apporto di risorse, da utilizzare per ridurre il cuneo fiscale delle PMI per incentivare investimenti e occupazione.
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Il TFR anticipato resterebbe soggetto a tassazione separata senza passaggio di aliquota IRPEF (pur davanti a un aumento di scaglione di reddito). La scelta spetterà comunque al dipendente, che potrà anche lasciare il TFR in azienda o in un fondo pensione. Inoltre, oltre alla possibilità di anticipo del 50% di quanto maturato con le buste paga 2015, il lavoratore potrà scegliere l’erogazione in un’unica soluzione, con lo stipendio di febbraio.
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Tutto sarà oggetto di dialogo tra Governo, Confindustria e sindacati (convocazione: martedì 7 ottobre), essendo il TFR un salario differito del lavoratore, che quindi va interpellato. Secondo Squinzi ci sono forti «dubbi che i lavoratori stessi aderirebbero a una simile proposta», ma secondo Renzi, dare la liquidazione tutta insieme alla fine è espressione di una
«filosofia protettiva: te li metto da parte, per evitare che tu li bruci tutti insieme». Uno «Stato-mamma, dunque, che sottilmente fa passare il messaggio di non fidarsi dei lavoratori-figli. Io la vedo diversamente: per me un cittadino è maturo e consapevole. E come accade in tutto il mondo non può essere lo Stato a decidere per lui. Ecco perché mi piacerebbe che dal prossimo anno i soldi del TFR andassero subito in busta paga mensilmente».