Secondo l’art. 43, co. 3, DPR 29 settembre 1973, n. 600, la violazione che comporti l’obbligo di denuncia come previsto dall’art. 331, c.p.p. per uno dei reati indicati dal D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, raddoppia i tempi di accertamento previsti relativamente al periodo d’imposta in cui la violazione è accaduta. Come sostenuto dal citato DPR, modificato dal DLgs. 9 luglio 1997, n. 241, è obbligatorio notificare gli avvisi di accertamento entro e non oltre il 31 dicembre del quarto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione. In caso di reato tributario i termini vengono raddoppiati all’ottavo e, in caso di omessa presentazione, arrivano al decimo anno.In merito all’estensione dei termini si è aperto un ampio dibattito, in quanto secondo l’Agenzia delle Entrate la proroga riguarda per analogia anche l’IRAP, poiché l’articolo di legge che istituisce il tributo (art. 30, DLgs. 446/1997) sottolinea che la riscossione deve avvenire nei termini individuati per le imposte sui redditi. L’argomento riguarda anche un altro tema: è possibile che durante il periodo di imposta che rientra nel raddoppio dei termini vengano accertate anche altre violazioni che non abbiano rilevanza penale?
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Secondo la ratio della norma è necessario allargare i tempi in modo da poter contare su nuove prove ottenute attraverso l’indagine penale che si sta effettuando, questo però si scontra con l’aspetto soggettivo, secondo cui il raddoppio dei termini consentirebbe l’utilizzo di nuove prove sia nei confronti del contribuente soggetto dell’ipotesi di reato che di altri soggetti coinvolti nell’accertamento. La norma riguarda infatti solo il reato tributario e non altri. Venendo al fatto, la Commissione tributaria regionale della Lombardia ha affrontato il caso di una compravendita immobiliare in cui una società aveva acquistato un immobile per cederlo a una società di leasing finanziario nello stesso giorno e a un prezzo maggiore, questa a sua volta l’aveva concesso in leasing a un’altra società facente parte dello stesso gruppo della prima che aveva acquistato l’immobile.
L’Amministrazione Finanziaria ha ritenuto l’operazione una forma di finanziamento attraverso la sopravvalutazione, con indebita deduzione IRAP. Alla base della tesi, il raddoppio del termine per l’accertamento (poiché era stato notificato fuori dai termini ordinari), rigettata dalla Commissione tributaria secondo la quale questo non ha valore per l’IRAP ma solo per violazioni con rilevanza e per le imposte sui redditi e IVA (come previsto dal DL. 4 luglio 2006, n. 223).
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Quindi, con la Sentenza 255/30/2014, la Commissione tributaria ha cancellato l’accertamento, poiché notificato oltre il termine ordinario nell’impossibilità di estensione dei termini per i reati riguardanti l’IRAP, ma ha anche confutato la tesi circa un finanziamento alla prima società attraverso una sopravvalutazione dell’immobile, avvalorando quanto sostenuto da una perizia prodotta dal contribuente nel corso del giudizio.