Cosa succede il 5 dicembre alla Stabilità del Governo italiano? Domenica 4 dicembre si vota su una riforma costituzionale che cambia (fra le altre cose) funzioni e meccanismo di elezione del Senato mettendo fine al bicameralismo perfetto, ovvero al modo in cui il Parlamento ha legiferato dal dopoguerra ad oggi. Di fatto, non si può non riconoscerlo, la campagna elettorale ha caricato il quesito di altre valenze politiche, la prima delle quali è senz’altro la conseguenza che l’esito del voto avrà sulla tenuta del governo e sulla legislatura.
Nell’immediato e non solo, visto che il premier Matteo Renzi nel corso dei mesi ha dichiarato un po’ di tutto (esco dalla politica, mi dimetto da premier, resto al mio posto..). Cosa farà, lo sapremo lunedì 5 dicembre alla luce del risultato del voto. Le ultime dichiarazioni non aggiungono molto: voto importante, che avrà quindi conseguenze del Governo:
« io valgo molto meno del referendum, l’esperienza del governo è meno importante di una riforma costituzionale».
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Nel frattempo, le ipotesi si sprecano. Uno dei dati che colpiscono, è senz’altro l’ampio spazio che la stampa internazionale, in primis quella economico-finanziaria, dedica all’evento. Economist, Wall Street Journal, New York Times, Finacial Times. Quest’ultimo, fra i più attivi del seguire la campagna italiana propone uno schema sulle quattro possibilità che si aprono sul dopo referendum.
Se vince il no (se gli italiani votano contro la riforma costituzionale), gli scenari possibili secondo il quotidiano britannico sono tre:
- Governo tecnico: Renzi si dimette, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella effettua le consuete consultazioni con i partiti e sceglie un primo ministro a capo di un governo con un mandato tecnico, ovvero quello di fare la Legge di Stabilità dell’anno prossimo, evitare i riflessi negativi che secondo il quotidiano rischiano di affliggere l’economia e la finanza (uno degli articoli degli ultimi giorni mette in guardia contro il rischio di fallimento di otto banche), modifiche alla legge elettorale. Ci sono anche i nomi ritenuti papabili: il ministero dell’Economia, Pier Carlo Padoan, il titolare della Cultura, Dario Franceschini, il presidente del Senato, Piero Grasso.
- Elezioni: è il secondo scenario, ritenuto probabile in caso di netta vittoria del no. Si tratta di un’ipotesi sostenuta dai partiti dell’antipolitica, Movimento 5 Stelle e Lega Nord, e «anche molti parlamentari del Pd preferirebbero andare a nuove elezioni piuttosto che sostenere un Governo provvisorio e impopolare» anche in base alla considerazione che «Renzi, dopo Mario Monti ed Enrico Letta, è il terzo premier non eletto e averne un quarto potrebbe infiammare ulteriormente l’opposizione populista». Come andrebbero queste ipotetiche elezioni? Qui, di fatto non ci sono previsioni: il Ft ipotizza vittoria di Renzi, governo guidato dal M5S, ritorno del Centrodestra. Qui si può inserire una considerazione: fra le dichiarazioni del premier, come detto, ce ne sono parecchie anche sulla volontà di non ricandidarsi in caso di vittoria del no. Risalgono, però, a diversi mesi oro sono, e non sono state ribadite di recente, anzi qui c’è un passo indietro in nome della nuova linea: niente più personalizzazione del voto.
- Renzi bis: questo è uno scenario ipotizzato nel caso di una vittoria del no “di misura”, quindi di un risultato vicino alla parità. In questo caso però, sottolinea il Ft, «l’opposizione potrebbe accusare Renzi di ignorare la volontà popolare».
Un “Trionfo di Renzi”, ovvero la vittoria del sì, secondo il quotidiano britannico, comunque «non porrebbe fine al rischio politico» perché:
«la preoccupazione principale di Renzi sarebbe rafforzare la maggioranza in vista delle elezioni del 2018, facendo passare in secondo piano il lavoro sulle riforme economiche.»
Resterebbero inoltre i problemi del settore bancario, che «potrebbero scoppiare anche con una vittoria del sì». E ci sarebbe una sorta di Nazareno bis, ovvero «un accordo con Forza Italia per cambiare la legge elettorale, con l’obiettivo di limitare il potere del Movimento 5 Stelle se dovesse vincere le prossime elezioni».
Al di là delle analisi e delle ipotesi, si può sottolineare che lo stesso premier ha dichiarato la disponibilità a rimettere mano alla legge elettorale anche in caso di vittoria del sì, andando incontro a una richiesta che arriva anche dall’interno del suo partito. E comunque, sarà necessario affrontare il capitolo della legge elettorale del Senato, visto che l’Italicum riguarda solo la Camera.