Il mondo delle imprese è prudente, ma tendenzialmente schierato per il sì, mentre i sindacati confederali sono critici nei confronti delle riforme istituzionali sottoposte a referendum costituzionale: nel frattempo, il dibattito politico si scalda con uno schieramento per il no che abbraccia tutte le opposizioni, e parte della stessa maggioranza. Sullo sfondo, lo stretto legame fra esito del referendum costituzionale e crisi di governo: Renzi ha annunciato che si dimetterebbe andando a elezioni nel 2017 in caso di vittoria del no. Lo ha anche ribadito nelle ultime ore, annunciando la data della consultazione in un intervallo compreso fra il 15 novembre e il 5 dicembre. Vediamo una panoramica del fronte del no.
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L’ultima novità è rappresentata dai Comitati di centrosinistra per il No di Massimo d’Alema: no a una riforma che «introduce di nascosto un presidenzialismo di fatto e porta dal bipolarismo perfetto al bipolarismo confuso», no al tema della democrazia ridotto al problema della governabilità.
E una motivazione più politica:
«la vittoria del No segnerebbe la fine di questa idea renziana del Partito della Nazione, un progetto dannoso che ha provocato una frattura fra il popolo della sinistra e il Pd. Sarebbe un risveglio positivo per l’Italia».
Il fronte del no di centrosinistra (nessuna volontà di dividere il PD, però, assicura lo stesso d’Alema) raccoglie il consenso di parlamentari Cesare Salvi, Pietro Folena, Stefano Passigli, Vincenzo Vita, Alfredo D’Attorre, Artuto Scotto, Giorgio Merlo, Maura Cossutta, Elettra Deiana, Angelo Capodicasa, Mario Barbi, Massimo Mucchetti, Lucrezia Ricchiuti, Paolo Corsini.
Non fa parte del fronte del no Pier Luigi Bersani, al quale recentemente il premier, Matteo Renzi, ha teso una mano dichiarandosi disponibile a cambiare la legge elettorale in cambio dell’accordo della minoranza PD al sì al referendum.
Da registrare nel dibattito un inaspettato affondo dell’ex premier, Mario Monti, che pure non ha esplicitato una propria posizione sul referendum, criticando però le conclusioni di uno studio Ambrosetti presentato a Cernobbio che misura un impatto positivo delle riforme sull’economia e dando vita a un vivace botta e risposta con il ministro delle Riforme Maria Elena Boschi: la riforma costituzionale non va caricata di troppe aspettative, non la chiede l’Europa, e per quanto riguarda la composizione delle istituzioni l’esempio europeo è la Grecia. Risposta del ministro: l’Italia guarda più alla Germania che alla Grecia, e farà un passo avanti se passa il referendum.
Le opposizioni sono schierate in larga maggioranza per il no. Il Movimento 5 Stelle ha dato vita a un mototour per il no al referendum del deputato Alessandro di Battista. Fanno campagna per il no la Lega Nord, Forza Italia, Fratelli d’Italia.
Molto in sintesi, il referendum costituzionale (confermativo, non abrogativo) chiede il parere favorevole o contrario alla legge di riforma istituzionale pubblicata sulla Gazzetta ufficiale del 15 aprile 2016. Fra le misure fondamentali, il superamento del bicameralismo perfetto, con la trasformazione del Senato in una sorta di Camera delle Regioni, composta da membri eletti fra i consiglieri regionali. Altre misure: voto a data certa per i disegni di legge (iscritti con priorità in calendario parlamentare), riforma del titolo V della Costituzione e abolizione delle province, modifiche all’elezione del presidente della Repubblica (solo deputati e senatori, senza rappresentanti regioni, cambiano i quorum).