È legittimo il licenziamento di un direttore di filiale che non vigila sulle attività illecite compiute dai suoi dipendenti: lo ha stabilito la Corte di Cassazione con la sentenza 281 del 12 gennaio 2016, confermando precedenti pronunciamenti. Il caso trae origine dal comportamento omissivo contestato al responsabile di un ufficio postale, consistente nella mancanza di controllo sull’operato del dipendente che aveva prelevato somme di denaro da alcuni libretti postali.
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Come affermato anche dalla Corte d’Appello, il direttore aveva creato le più favorevoli condizioni per ulteriori e successivi comportamenti fraudolenti del dipendente, integrando un comportamento altamente negligente. Proponendo ricorso in Cassazione, il direttore riceveva dunque l’ennesima conferma della legittimità del licenziamento disciplinare.
Contestazione
Come affermato con giurisprudenza consolidata dalla Corte, inoltre, in materia di licenziamento disciplinare l’immediatezza della contestazione integra l’elemento costitutivo del diritto di recesso del datore di lavoro in quanto, per la funzione di garanzia che assolve, l’interesse dello stesso all’acquisizione di ulteriori elementi a conforto della colpevolezza del lavoratore non può pregiudicare il diritto di quest’ultimo ad una pronta ed effettiva difesa. Quindi, ove la contestazione sia tardiva, resta precluso l’esercizio del potere e la sanzione irrogata è invalida.
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Né la pendenza di un procedimento penale a carico del lavoratore impedisce al datore di lavoro la contestazione immediata dell’illecito disciplinare, con eventuale sospensione del relativo procedimento fino all’esito del giudizio penale.
Come più volte ha avuto occasione di affermare la giurisprudenza della Cassazione, il criterio dell’immediatezza va inteso in senso relativo e tenendo conto delle ragioni che possono far ritardare la contestazione, come il tempo necessario espletare le indagini dirette all’accertamento dei fatti.
Nel caso trattato, la Corte d’Appello, con congrua e corretta motivazione, ha escluso la tardività della contestazione e quindi, in ragione dei principi richiamati in precedenza, la lesione del diritto di difesa a cui, nell’interesse del lavoratore, una tempestiva contestazione è finalizzata. Il Giudice di secondo grado, infatti, dopo avere premesso che la parte datoriale con il suo comportamento non aveva mai dato ad intendere di voler soprassedere dalla verifica disciplinare, ha affermato che la nota di contestazione veniva inviata una volta completata l’indagine ispettiva, e quindi in una concentrazione temporale assolutamente congrua che non aveva intaccato il diritto del lavoratore ad una pronta ed effettiva difesa.