Con la sentenza n. 7884/2016, la Corte di Cassazione ha chiarito se le nuove disposizioni sull’omissione contributiva vanno applicate, o meno, in maniera retroattiva. Il riferimento è all’articolo 10 bis del D.Lgs n. 158/2015: secondo la Cassazione le previsioni che vi sono contenute non sono retroattive per cui, ai fini della punibilità penale dell’omissione contributiva, non è più richiesta la prova della certificazione.
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Si tratta di disposizioni più severe di quelle applicate in passato e, proprio perché sfavorevoli al contribuente e soggette al principio del tempus regit actum (“il tempo regola l’azione”), non applicabili al reato in esame.
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Più in particolare, il DLgs. 158/2015 ha ridisegnato i confini del reato di omesso versamento di ritenute certificate previsto dall’ex art. 10- del DLgs. 74/2000, riconoscendo espressa rilevanza non solo al solo contenuto del modello 770 proveniente dal datore di lavoro, ma anche alle ritenute dovute sulla base della dichiarazione in alternativa a quelle risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituiti. La disposizione ha inoltre innalzato da 50.000 a 150.000 euro la soglia di punibilità.
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Tuttavia per i giudici della Corte di Cassazione, risultando più sfavorevole, tale norma non sarebbe applicabile a fatti anteriori all’entrata in vigore della nuova disciplina (22 ottobre 2015). Questo era il caso della sentenza in commento pertanto, secondo i giudici, il rilascio delle certificazioni ai sostituiti costituisce elemento costituivo del reato il cui onere della prova spetta all’accusa e non può ritenersi assolto sulla base del mero contenuto del modello 770. Trattandosi di elementi costitutivi del reato è necessario che sia l’accusa a fornire la prova dell’omissione sia del versamento della retribuzione con effettuazione delle ritenute, che del rilascio delle certificazioni prima della scadenza del termine penalmente rilevante.
Cassazione.