Fallimento impresa: sì a sequestro beni personali

di Francesca Vinciarelli

19 Gennaio 2016 09:00

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La sentenza della Cassazione che chiarisce quando è legittimo il sequestro dei beni personali e quando si applica il principio del “ne bis in idem”.

Con la sentenza n. 1376/2016 la terza sezione penale della Corte di Cassazione ha autorizzato il sequestro dei beni personali di un manager che era stato accusato di evasione fiscale e la sua società risultava indebitata con l’Erario e sottoposta alla procedura fallimentare.

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Ne bis in idem

Il caso riguardava un manager presidente del Consiglio di Amministrazione il quale contestava la concreta sanzionabilità dell’ipotesi di reato di cui era accusato, ritenendo che fosse stato violato l’art. 4 del Protocollo n. 7 della Carta Europea dei Diritti dell’uomo e del relativo principio del “ne bis in idem” (“non due volte per la medesima cosa”) di cui all’art. 649 c.p.p. Si tratta del principio del diritto secondo il quale non si può essere giudicati e/o sanzionati due volte per lo stesso reato. Il ricorrente sottolineava inoltre che la Giurisprudenza europea non fa differenze tra sanzione penale e sanzione amministrativa, ritenendo che il criterio da utilizzare sia quello dell’afflittività della sanzione e che le sanzioni amministrative tributarie sono certamente afflittive e vanno qualificate come vere e proprie pene, in quanto misure aventi carattere sanzionatorio e repressivo.

Sentenza

Il sequestro dei beni personali del manager è da ritenersi legittimo nonostante l’ufficio avesse già emesso cartella esattoriale perché, secondo i giudici della Cassazione, l’avvio della procedura amministrativa non configura un ne bis in idem. In particolare, spiegano i giudici in merito:

“Il ricorrente, infatti, allega solo che per l’illecito amministrativo sarebbe stata emessa cartella esattoriale, notificata in data 9.7.2014 dell’importo di euro 809.222,33, senza argomentare specificamente in merito alla mancata opposizione a tale cartella esattoriale. Pertanto, non emergendo la definitività del procedimento amministrativo, risulta ultronea ogni ulteriore valutazione in merito alla eventuale natura sostanzialmente penale della sanzione amministrativa ed alla fondatezza della dedotta violazione di legge. L’ordinanza impugnata, pertanto, correttamente ha ritenuto non decisiva la questione della cd doppia incriminazione”.

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Sequestro e confisca

Con riferimento al sequestro dei beni, la Corte ha precisato che:

“La confisca diretta del profitto di reato è possibile anche nei confronti di una persona giuridica per le violazioni fiscali commesse dal legale rappresentante o da altro organo della persona giuridica nell’interesse della società, quando il profitto o i beni direttamente riconducibili a tale profitto siano rimasti nella disponibilità della persona giuridica medesima. Si deve, invece, escludere la possibilità di procedere a confisca per equivalente di beni della persona giuridica per reati tributari commessi dal legale rappresentante, salva l’ipotesi in cui la persona giuridica stessa sia in concreto priva di autonomia e rappresenti solo uno schermo attraverso cui l’amministratore agisce come effettivo titolare”.

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