Per la Cassazione, compensi rilevanti non sono sufficienti a definire l’esistenza di un’autonoma organizzazione, con conseguente imponibilità IRAP (sentenza n. 22209 del 30 ottobre 2015). Il caso tra origine dalla richiesta di rimborso dell’imposta avanzata da un medico libero professionista, convenzionato con in SNN ed esercente anche attività di medicina estetica.
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Dopo il rifiuto delle Entrate e il conseguente ricorso, la CTR riconosceva il presupposto impositivo, a causa dei cospicui compensi e investimenti per beni strumentali, oltre alle spese per l’attività professionale, rilevando altresì che la convenzione con l’ASL obbligava il contribuente a dotarsi di autonoma organizzazione.
Rivolgendosi in Cassazione, il medico sottolineava la mancata indicazione dei motivi per cui tali costi sarebbero da ritenersi eccedenti rispetto al minimo indispensabile, nonché l’errata presunzione di autonoma organizzazione.
Accogliendo in ricorso, la Corte ha richiamato una giurisprudenza ormai consolidata, secondo cui – alla stregua dell’interpretazione della Corte Costituzionale con sentenza n. 156/2001 – l’assoggettamento a IRAP dell’attività del lavoratore autonomo è legittima in quanto colpisce solo quelle “autonomamente organizzate” , in modo tale che non possa qualificarsi come imposta sul (mero) lavoro autonomo, ma sulla capacità produttiva che deriva dall’autonoma organizzazione che deve far capo al contribuente, secondo una valutazione complessiva da effettuarsi sulla scorta degli elementi fattuali che connotano la fattispecie concreta (Cass. n. 3674/07 e, di recente, Cass. 21326/13).
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Quindi, la CTR avrebbe fondato la sussistenza del presupposto impositivo su elementi non adeguati, quali l’ammontare dei compensi o la convenzione stipulata che, non incidendo sull’elemento organizzativo, sono in questo senso irrilevanti, senza alcun riferimento ad indici concreti dell’esistenza di un’organizzazione dotata di un minimo di autonomia che potenzi ed accresca l’attività produttiva del contribuente.