È legittimo il licenziamento per giusta causa del direttore di filiale che compie illeciti disciplinari, come mettere a rischio economico l’azienda o violare i principi di riservatezza: con la sentenza n. 17366 dell’1 settembre 2015 la Corte di Cassazione si è espressa su un caso di rigetto di domanda di reintegro, giudicando la sanzione espulsiva proporzionata alla gravità degli atti contestati.
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Illeciti
La Corte ha tenuto conto del ruolo ricoperto dal manager: non aver ottemperato alle procedure interne, regolanti il processo di erogazione del credito (autorizzazione di anticipi sulla base di semplici fotocopie di fatture; concessione di un mutuo per importo superiore al consentito). L’addebito disciplinare ritenuto più grave: aver permesso a un terzo estraneo alla banca l’accesso al terminale con sessione aperta, per l’immissione di dati riferibili ad operazioni di mutuo fondiario.
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Obblighi
Comportamenti come quelli contestati appaiono di notevole gravità e lesivi dell’elemento fiduciario nell’ambito del rapporto di lavoro, anche in presenza di eventuali prassi e direttive interne, evidentemente contra legem e contrastanti con l’interesse obiettivo dell’istituto di credito. Considerata la posizione di direttore di filiale, attraverso le operazioni contestate – contraddistinte da gravissima negligenza e superficialità – il medesimo non aveva ottemperato alle procedure previste dalla normativa interna del 4 settembre 2002 regolante il processo di erogazione del credito, esponendo, in tal modo, la banca a rischi economici.
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Attraverso l’episodio ritenuto di maggior gravità (accesso a postazione informatica della filiale), il lavoratore inoltre platealmente violato i precetti di riservatezza e correttezza propri del dipendente bancario e connaturali alla gestione di un tale strumento.