In tema di sicurezza sul lavoro nessuno sconto per le imprese familiari, obbligate alla redazione del Piano Operativo di Sicurezza (POS). Ciascun familiare è inoltre chiamato a dotarsi del Dispositivo di Protezione Individuale (DPI) individuato come misura antinfortunistica nel Piano stesso. È quanto emerso dalla sentenza n. 38346/2015 della Corte di Cassazione, IV Sezione Penale che per la prima volta si pronuncia sul tema del procedimento di valutazione dei rischi nell’ambito dell’impresa familiare, accogliendo il ricorso del procuratore generale della stessa Corte e annullando la sentenza della Corte di appello di Trieste.
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Il caso
Il caso in esame riguardava un infortunio sul lavoro occorso a un lavoratore mentre si trovava sulla copertura di un capannone svolgendo attività di riparazione delle lastre che lo componevano: una lastra ha ceduto e, per mancanza dei dispositivi di sicurezza, il dipendente è precipitato al suolo riportando un politrauma.
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In primo grado il datore di lavoro e componente dell’impresa familiare di cui faceva parte l’infortunato era stato condannato per non aver predisposto idonei dispositivi di sicurezza individuali, come previsto dall’articolo 21 del Dlgs 81/2008, e per aver omesso di predisporre il POS in base all’articolo 96 del Dlgs. In appello, il datore di lavoro però era stato assolto. Il lavoratore è quindi ricorso in Cassazione.
Sentenza Cassazione
I giudici della Cassazione hanno richiamato, in materia di sicurezza per un’impresa familiare, l’articolo 3. comma 12 del Testo Unico, che rinvia all’articolo 21 e dispone l’obbligo dell’uso di attrezzature di lavoro, dei Dispositivi di Protezione Individuali (DPI) e di dotazione della tessera individuale di riconoscimento.
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La Corte ha chiarito che sebbene l’articolo 96 del Testo Unico da una prima lettura sembra disporre l’obbligo della redazione del POS solo limitatamente al profilo dell’impresa affidataria e di quelle esecutrici, proprio perché l’obbligo in questione si impone anche quando l’impresa interessata ai lavori edili è una soltanto, risulta chiaramente che la redazione del POS è indirizzata anche all’impresa familiare. Per la Corte non è inoltre sostenibile neanche l’ipotesi secondo la quale l’impresa familiare è tenuta alla redazione del POS solo se si avvale di lavoratori subordinati, quindi di soggetti non componenti l’impresa familiare, non trovando peraltro questa interpretazione riscontro nel quadro normativa richiamato.
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Per quanto concerne il soggetto tenuto ad adempiere all’obbligo di redazione del POS, per la Corte questo non può che essere identificato tenendo conto delle definizioni che ne dà il Testo Unico, quindi il datore di lavoro che però, secondo la Cassazione, non va individuato nel titolare del rapporto di lavoro (non presente nell’impresa familiare senza dipendenti), ma nel soggetto che secondo il tipo e l’assetto dell’organizzazione nel cui ambito il lavoratore presta la propria attività ha la responsabilità dell’organizzazione stessa o dell’unità produttiva in quanto esercitai poteri decisionali e di spesa (articolo 2,lettera b del Testo Unico).