Il DL 83/2015 (Gazzetta Ufficiale Serie Generale n.147/2015) introduce consistenti novità in materia fallimentare, civile e processuale civile, prevedendo in particolare nuovi limiti sul pignoramento della pensione e dello stipendio nonché ai prelievi forzosi sui conti correnti, tutte misure previste nei casi in cui un creditore abbia a che fare con un debitore insolvente.
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I limiti di impignorabilità riguardano solo le somme accreditate che derivano da pensioni o stipendi, mentre quelle aventi causale diversa possono essere bloccate dagli istituti di credito senza alcun limite. Ad essere modificata è la quota della base pignorabile di stipendi, pensioni e somme ad essi assimilati (TFR, indennità, assegni, salari, etc). Nell’eventualità in cui il creditore dovesse violare i nuovi limiti, il pignoramento viene annullato con riferimento alle sole somme eccedenti la soglia di non pignorabilità.
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Minimo impignorabile
Il Decreto fissa anche il cosiddetto minimo vitale impignorabile. Per la definizione dei limiti, è fondamentale il momento in cui le somme vengono accreditate sul conto, prima o dopo il pignoramento:
- accreditate prima: il minimo vitale impignorabile viene fissato a tre volte l’assegno sociale previsto per legge (1.345,56 euro, pari a 448,52*3);
- gli importi accreditati che superino tale importo, può essere pignorato solo un quinto.
- accreditate dopo, questo può riguardare solo la differenza tra l’importo mensile accreditato e un valore pari all’assegno sociale moltiplicato per 1,5 (672,76 euro).
Casi particolari
Per i crediti dello Stato, del Comune o della Provincia il limite è pari ad 1/5 della base pignorabile; per i crediti alimentari la misura viene stabilita direttamente dal giudice, mentre per i pignoramenti di diversa natura il limite è rappresentato dalla metà della base pignorabile.
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