Con l’introduzione del contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti nel Jobs Act cambiano le regole per il licenziamento individuale, sia discriminatorio sia per giustificato motivo o disciplinare. Al contempo viene modificata la conciliazione per sanare eventuali controversie tra lavoratore e datore di lavoro.
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Reintegro
Nel licenziamento discriminatorio (ex art. 15 Legge 300/70), nullo o inefficace perché intimato solo in forma orale, il giudice ordina la reintegrazione nel posto di lavoro e condanna il datore al pagamento di una indennità non inferiore a 5 mensilità commisurata all’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del TFR per il periodo che va dal giorno del recesso fino a quello di effettivo reintegro. Per il medesimo periodo è previsto il versamento dei contributi previdenziali e assistenziali. Il lavoratore, tuttavia, può chiedere in sostituzione della reintegrazione una indennità pari a 15 mensilità, risolvendo il rapporto.
Indennizzo
Nel contratto a tutele crescenti è esclusa la reintegrazione e previsto un indennizzo certo e crescente in funzione dell’anzianità di servizio. Il licenziamento per giustificato motivo oggettivo è legato a ragioni inerenti: attività produttiva, organizzazione del lavoro, suo regolare funzionamento. In tali casi (estinto il rapporto di lavoro) l’indennità è pari a 2 mensilità per ogni anno di servizio. Tale importo non potrà comunque essere inferiore a 4 mensilità né superiore alle 24. Per le PMI l’indennità è dimezzata e non può essere superiore a 6 mensilità.
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Risarcimento
In caso di licenziamento per giustificato motivo soggettivo il lavoratore ha solo diritto al risarcimento del danno pari a 2 mensilità per ogni anno di servizio, comunque non inferiore a 4 e non superiore a 24. Anche in questo caso per le PMI gli importi sono dimezzati e il limite massimo è fissato in 6 mensilità. Se il lavoratore dimostra l’insussistenza del fatto materiale che gli è stato contestato, il giudice annulla il licenziamento e condanna il datore di lavoro alla reintegrazione e al pagamento di in risarcimento commisurato all’ultima retribuzione, nonché al versamento dei contributi. Il lavoratore può comunque richiedere in sostituzione del reintegro un’indennità pari a 15 mensilità.
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Conciliazione
Il DLgs 23/2015 ha introdotto un nuovo rito di conciliazione stragiudiziale (esperibile nelle sedi indicate dall’art. 2113 e dall’art. 82, comma 1 del DLgs 276/2003), applicabile alle eventuali controversie legate a licenziamenti illegittimi. Il datore di lavoro può offrire un importo esente da IRPEF e contributi pari a una mensilità per ogni anno di servizio, comunque compreso tra 2 e 18 mensilità. Se il lavoratore accetta, si estingue in automatico il rapporto alla data del licenziamento, si rinuncia all’impugnazione anche se già avviata e si mantiene il diritto alla NASpI (precisato dal Ministero del Lavoro nella nota n. 13 del 24 aprile 2015).
=> Licenziamento e conciliazione: diritto alla NASpI
Il legislatore ha introdotto una comunicazione integrativa di cessazione da effettuarsi entro 65 giorni dalla fine del rapporto di lavoro che indichi l’esito dell’offerta conciliativa, in mancanza della quale è prevista in capo al datore di lavoro una sanzione amministrativa tra 100 e 500 euro per lavoratore. Tramite il modello online UNILAV-conciliazione dovrà essere inserito l’esito dell’offerta e, se il procedimento è andato a buon fine, informazioni aggiuntive come la sede della conciliazione e l’importo erogato.