E’ operativa dal primo luglio 2015 la norma della Legge di Stabilità (commi 16 e 17, legge 190/2014) che innalza a 7 euro la soglia di defiscalizzazione dei buoni pasto non cartacei, che di fatto disincentiva anche la cumulabilità: dal momento che i ticket restaurant elettronici sono tracciabili, il lavoratore non potrà utilizzarli per fare la spesa al supermercato fuori dall’orario di lavoro invece che durante la pausa pranzo. Per i buoni pasto cartacei – il cui utilizzo finora è sempre stato “ad ampio spettro” e anche al di fuori dei giorni lavorativi – la detassazione resta fino al tetto di 5,29 euro.
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Nuove regole
La Legge di Stabilità 2015 ha modificato la lettera c) del comma 2 dell’articolo 51 del TUIR, il testo unico delle imposte sui redditi, in base alla quale non concorrono a formare il reddito
«le somministrazioni di vitto da parte del datore di lavoro, nonché’ quelle in mense organizzate direttamente dal datore di lavoro o gestite da terzi, o, fino all’importo complessivo giornaliero di euro 5,29, aumentato a euro 7 nel caso in cui le stesse siano rese in forma elettronica».
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Le regole precise sono fissate dal Dpcm 18 novembre 2005 e prevedono che i buoni pasto siano:
«utilizzati, durante la giornata lavorativa anche se domenicale o festiva, esclusivamente dai prestatori di lavoro subordinato, a tempo pieno e parziale, anche qualora l’orario di lavoro non prevede una pausa per il pasto, nonché dai soggetti che hanno instaurato con il cliente un rapporto di collaborazione anche non subordinato», non siano «cedibili, commercializzabili, cumulabili o convertibili in denaro», e vadano usati «esclusivamente per l’intero valore facciale».
La nuova normativa punta a due principali obiettivi:
- armonizzare il regime fiscale dei buoni pasto con le soglie europee, mediamente a 7 euro;
- favorire la digitalizzazione del mercato dei buoni pasto contrastandone l’utilizzo poco ortodosso presso gli esercizi commerciali che li accettano.
Tracciabilità
Il pagamento dei prodotti alimentari tramite buono pasto elettronico è ovviamente tracciabile: di conseguenza, risulta evidente un eventuale utilizzo scorretto. Pertanto, è prevedibile una evoluzione del mercato, con un numero assai minore di esercenti disposti ad accettare i buoni pasto elettronici, se non nel rispetto stringente della norma. Di fatti, per il lavoratore questo si traduce in un “contro” assai più significativo del “pro” legato alla più alta soglia di detassazione. Il vantaggio finale, in soldoni, è in capo al datore di lavoro, che può comunque fruire della maggiore defiscalizzazione senza venire impattato dalle nuove regole di utilizzo.
Detassazione
Se il ticket cartaceo consente una certa flessibilità (è impossibile stabilire se è stato utilizzato o meno durante la giornata lavorativa o se sono stati sommati più buoni), il buono pasto elettronico rende più rigida l’applicazione della normativa. Dunque, per compensare questa sorta di “disincentivo” alla smaterializzazione, il Legislatore ha previsto un maggiore vantaggio fiscale, che potrà rendere più appetibile – soprattutto per le aziende – la scelta dei ticket restaurant digitali: secondo una ricerca di Openeconomics dell’Università Tor Vergata di Roma, le nuove agevolazioni potrebbero indurre le imprese a investirvi 500 milioni, che per i dipendenti significherebbe nel complesso un’integrazione di reddito intorno ai 400 euro all’anno.
Concludiamo con alcuni dati di mercato: i buoni pasto vengono utilizzati da oltre 2,5 milioni di dipendenti e liberi professionisti, vengono emessi circa 500 milioni di buoni l’anno, il 15% elettronici. Le pricnipali società che li emettono hanno messo a punto apposite soluzioni POS per i buoni pasto elettronici.