Al termine del blocco dei licenziamenti tra giugno e ottobre 2021, si prefigurano scenari complessi, in cui non sarà semplice adattare la forza lavoro ai nuovi contesti produttivi. E non saranno rari i licenziamenti, nonostante le tutele di legge. A questo porprosito, può essere utile ripercorrere alcuni pronunciamenti in materia.
Ad esempio, il licenziamento di un dipendente a tempo indeterminato per giustificato motivo oggettivo, determinato da ragioni inerenti l’attività produttiva e l’organizzazione del (art. 3 della legge 15 luglio 1966 n. 604), non viola l’obbligo di repechage (ripescaggio) se il datore di lavoro avvia una nuova assunzione a termine prima del licenziamento (Tribunale di Roma, ordinanza 27 ottobre 2014) tramite un tipo di contratto diverso da quello del lavoratore licenziato.
=> Demansionare per non licenziare
In generale, per la legittimità di un licenziamento per giustificato motivo oggettivo, infatti, deve sussistere il rispetto dell’obbligo di repechage. Se questo non è possibile, spetta comunque al datore di lavoro dimostrare l’impossibilità di poter adibire il lavoratore a una differente mansione.
Ad ogni modo, l’assunzione contestuale al licenziamento non rappresenta violazione dell’obbligo se è a termine rispetto ad un altra a tempo indeterminato. Peraltro, già la sentenza 13 agosto 2008, n. 21579 della Corte di Cassazione, riconosceva che l’obbligo di repechage non può essere circoscritto alla ricerca di posizioni equivalenti a quella ricoperta dal lavoratore, ma può estendersi anche a mansioni inferiori sebbene vicine alle capacità professionali del dipendente e al suo bagaglio di esperienze. L’obbligo ha inoltre un limite di ragionevolezza, non dovendo comportare modifiche organizzative o ampliamenti di organico o di tipo strutturale tali che risultino un problema per l’imprenditore” (cfr.: Cass. 31521/ 2019).