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Lavoratori disabili: Cassazione conferma diritto a smart working come accomodamento ragionevole

di Anna Fabi

14 Gennaio 2025 10:00

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La sentenza 605/2025 tutela l'inclusione lavorativa dei disabi e indica il lavoro agile come opzione obbligatoria se compatibile con le esigenze aziendali.

La Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, con la sentenza n. 605 del 10 gennaio 2025, ha ribadito l’obbligo per i datori di lavoro di adottare misure ragionevoli per garantire un ambiente lavorativo inclusivo per i dipendenti con disabilità, sancendo che lo smart working può rappresentare una soluzione compatibile con i principi di inclusione e sostenibilità organizzativa.

Lavoro agile per dipendenti disabili

Il pronunciamento della Cassazione stabilisce un principio giurisprudenziale fondamentale, che potrà guidare future controversie e rafforzare il diritto dei lavoratori disabili a un trattamento equo e non discriminatorio.

Il caso in questione riguardava un dipendente con disabilità visive che aveva denunciato la mancata adozione di accomodamenti ragionevoli, in violazione della normativa antidiscriminatoria italiana ed europea. In particolare, il lavoratore lamentava l’assenza di misure come l’assegnazione a una sede più vicina e la possibilità di lavorare da remoto.

Premesse normative e parere di Cassazione

La controversia ha coinvolto vari gradi di giudizio: il Tribunale di primo grado ha respinto la richiesta del lavoratore, ma la Corte d’Appello ha accolto il ricorso, stabilendo che il datore di lavoro non aveva rispettato l’obbligo di adottare accomodamenti ragionevoli previsti dall’art. 3, comma 3-bis, del Dlgs. n. 216/2003. La Corte di Cassazione ha infine confermato la sentenza d’appello, condannando l’azienda.

La decisione si fonda sul quadro normativo delineato dalla direttiva 2000/78/CE, recepita in Italia dal Dlgs. n. 216/2003, e rafforzato dalla Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità.

Gli obblighi di accomodamento ragionevole

Questi testi impongono ai datori di lavoro di adottare misure ragionevoli per garantire condizioni di lavoro paritarie, salvo che tali misure comportino un onere sproporzionato. Nello specifico, la Corte ha sottolineato che:

  • Il diritto agli accomodamenti ragionevoli è vincolante e i datori di lavoro devono rimuovere le barriere che ostacolano l’inclusione dei lavoratori con disabilità.
  • Lo smart working può rappresentare un accomodamento ragionevole e nel caso esaminato, era stata dimostrata la fattibilità di tale soluzione, già sperimentata durante l’emergenza COVID-19.
  • La negoziazione non è imprescindibile e in assenza di accordi tra le parti, spetta al giudice individuare le soluzioni più adeguate.

La Cassazione ha però chiarito che il lavoratore deve dimostrare la disparità di trattamento subita e che il datore di lavoro deve provare che le proprie decisioni non siano discriminatorie.